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Sport
Lo sport al potere. L'ultima fatica letteraria del professor Berruto
Oggi 12-05-25, 04:16
Per chi è abituato a leggere questo inserto, Mauro Berruto non ha bisogno di presentazioni. È la firma che ci guida nell’universo dei libri sportivi e che, a fine anno, insieme a Moris Gasparri compila la classificona degli Sport Thinkers. In realtà Mauro è stato ed è molto di più. Dopo la laurea in filosofia, è stato ct della Nazionale maschile italiana di pallavolo, bronzo ai Giochi Olimpici di Londra 2012, ceo della Scuola Holden e oggi, oltre a insegnare all’Università di Genova, è deputato del Partito democratico. In mezzo a tutto questo trova pure il tempo di leggere i migliori libri di sport che vanno in libreria e di scriverne a sua volta qualcuno. La sua ultima opera è “Lo sport al potere. La cultura del movimento e il senso della politica”, pubblicato da Add editore (sabato 17 sarà al Salone del Libro di Torino alla Sala Olimpica alle 19.45). Dopo esser stato uno dei primi firmatari del disegno di legge che ha portato al riconoscimento dello sport nella Costituzione, ci ha fatto un altro regalo: un volume imperdibile per capire le connessioni tra lo sport e il potere. E lo fa a modo suo. Documentandosi, indagando, tornando indietro nel tempo e poi proiettandosi nel futuro quando ci lascia le sue idee per il domani. ”Lo sport è politica. Lo è sempre stato e lo sarà in futuro. Lo sport era un fatto politico duemilaottocento anni fa quando, nel 776 a.C., nacquero i Giochi Olimpici antichi”, scrive all’inizio, giusto per farci capire che il suo è un racconto che parte proprio dall’origine della storia. Parte da Corebo, il primo vincitore dei Giochi antichi, passa a Primo Carnera a cui la politica cucì addosso un abito su misura e arriva ai giorni d’oggi, raccontando come lo sport sia anche un ascensore sociale (come ricordato anche da Mario Draghi quando ricevette la Nazionale di Mancini campione d’Europa). “Lo sport – scrive Mauro – influenza un processo politico che può celebrare, esaltare, idealizzare o, viceversa, denigrare, svilire, disprezzare. Attraverso lo sport, la politica può dare o negare cittadinanze, definire confini e limiti, appartenenza ed esclusione. Lo sport orienta la politica e, simmetricamente, la politica orienta lo sport, oggi come nella notte dei tempi e ovunque nel mondo, senza eccezioni”. È tutto un saltare da Antetokounmpo a Callipatera, da Alfonsina Strada a Billie Jean King. È un continuo palleggio tra la storia e l’attualità, un viaggio lunghissimo e bellissimo per raccontarci davvero che cosa ci sia oggi dietro a una partita, a un torneo, a un campionato. Dalla storia si passa alla cronaca con il racconto della guerra fredda, del terrorismo a Monaco ’72, dei boicottaggi, dell’apartheid fino al caso di Stanford e di Harvard e al paradosso italiano. “Non c’è altra definizione possibile per descrivere un paese, il nostro, che agli ultimi Giochi Olimpici di Parigi 2024 ha vinto quaranta medaglie (nono posto del medagliere) – scrive Berruto – ma che è grottescamente nei primissimi posti delle classifiche Ocse per inattività, sedentarietà, obesità (soprattutto infantile e adolescenziale) e percentuale di cittadini che non praticano alcun tipo di attività fisica”. E per finire ecco il suo manifesto in 12 mosse: 1) Sport e scuola; 2) Sport e cultura; 3) Sport e benessere psico fisico; 4) Sport, lavoro e professionismo; 5) Sport ed equilibrio di genere; 6) Sport e governance; 7) Sport e diritti; 8) Sport e legalità; 9) Sport, città ed enti locali; 10) Sport e ambiente; 11) Sport e università; 12) Sport e impresa. Non è necessario essere dalla stessa parte politica dell’autore per apprezzare il lavoro che c’è dentro questo libro. Dopo averlo letto ci si sente un po’ più ricchi dentro. Ma viene anche voglia di fare una corsa, una nuotata o anche semplicemente una passeggiata. Perché lo sport è politica. Ma soprattutto è vita.
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