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Estero
Meta tenta di censurare il libro di una whistleblower. Così ora lo leggeranno tutti
Oggi 14-03-25, 10:49
Qualcuno ha definito quella ottenuta da Meta nel caso intentato contro Sarah Wynn-Williams, ex responsabile delle politiche pubbliche di Facebook, come una prima vittoria. Ma è una vittoria che lascia aperti molti dubbi e che, soprattutto, trascina sotto i riflettori una storia che per il gigante tecnologico sarebbe meglio non godesse di tanta visibilità. La ex dipendente del colosso tech ha scritto un'autobiografia, pubblicata questa settimana, in cui descrive nel dettaglio presunte molestie sessuali e cattive condotte nell'azienda di Mark Zuckerberg. Un arbitro (l'arbitrato, nel contesto del diritto degli Stati Uniti, è una forma di risoluzione delle controversie) ha stabilito che Wynn-William non deve promuovere il suo libro o distribuirne le versioni audio ed e-book. Le è inoltre temporaneamente proibito fare "commenti denigratori, critici o altrimenti dannosi" su Meta, e le è stato ordinato di ritrattare qualsiasi commento del genere che abbia fatto in precedenza. Ma questo non significa che le affermazioni raccontate dalla whistleblower nel suo libro di memorie siano false, né che siano vere. Significa solo che, condividendole, la ex dipendente ha probabilmente violato il suo contratto. Sembra infatti che la donna avesse firmato un accordo di non-disclosure quando ha lasciato l'azienda nel 2017, dopo averci lavorato per sette anni, a partire dal 2011. Inoltre, scrive The Verge, "non è chiaro se questo arbitro abbia effettivamente l'autorità di fermare la pubblicazione del libro o se Wynn-Williams possa fermare la creazione di versioni future". Al momento, il memoire di Wynn-Williams (che nel suo periodo in Facebook ha lavorato a stretto contatto con gli ad Mark Zuckerberg e Sheryl Sandberg) è al primo posto su Amazon nella sezione "Biografie scientifiche" ed è venduto anche su altre piattaforme online. Insomma, provando a fermare il libro, probabilmente Meta gli ha regalato la pubblicità migliore. Il libro della whistleblower, di cui l'editore Macmillan ha tenuto segreta l'esistenza fino a pochi giorni fa, è intitolato "Careless People: A Cautionary Tale of Power, Greed, and Lost Idealism". Il New York Times ha scritto che "è un ritratto brutto e dettagliato di una delle aziende più potenti del mondo". Wynn-Williams parla di un ambiente di lavoro "misogino e malsano" e sostiene che Facebook avrebbe ignorato le preoccupazioni interne sul suo impatto sulla democrazia e sui diritti umani. Inoltre riporta i dettagli di presunte molestie, anche da parte dell'attuale responsabile politico del colosso tech, Joel Kaplan, che all'epoca dei fatti era il capo di Wynn-Williams. Nel frattempo l'uomo, un fervente sostenitore di Donald Trump, è diventato direttore degli affari pubblici di Meta. Nel 2017 è stata aperta un'indagine interna, dalla quale Kaplan è stato scagionato. Ma le accuse forse più inquietanti che si possono leggere in "Careless People" sono quelle che riguardano dirigenti aziendali inetti che si ingraziano i regimi autoritari: vengono citati i casi del Myanmar e della Cina. Un capitolo in particolare parla del progetto "Aldrin", il nome in codice del progetto di Facebook per farsi sbloccare dal regime cinese. Secondo l'autrice, la società ha proposto tutti i tipi di accordi bizantini che sperava avrebbero soddisfatto il Partito Comunista al potere. Zuckerberg avrebbe preso in considerazione l'idea di implementare un sistema di censura su Facebook, assumendo centinaia di moderatori per rimuovere i contenuti ritenuti problematici da Pechino. Non solo. Il gigante tecnologico americano avrebbe valutato anche l'ipotesi di consentire alle autorità di Pechino di accedere ai dati dei suoi utenti in Cina. Wynn-Williams accusa anche Zuckerberg di avere mentito al Congresso degli Stati Uniti sulle sue reali ambizioni in Cina. Queste rivelazioni sono anche oggetto di una denuncia presentata all'autorità americana per i mercati finanziari. La risposta di Meta Da parte sua, Meta ha lanciato una vigorosa campagna mediatica per screditare il memoire, definendolo "un libro che non fa che riproporre vecchie storie". Secondo l'azienda, l'ex dipendente sarebbe stato addirittura pagato da "attivisti anti-Facebook" per criticare la piattaforma. "La decisione dell'arbitro conferma che il libro falso e diffamatorio di Sarah Wynn-Williams non avrebbe mai dovuto essere pubblicato", ha scritto in una nota il portavoce di Meta, Andy Stone. "Questa urgente azione legale è stata resa necessaria da Williams, che, più di otto anni dopo il suo licenziamento dall'azienda, ha deliberatamente nascosto l'esistenza del suo progetto di libro e ha eluso il processo standard di verifica dei fatti per accelerarne la pubblicazione". L'editore ha dichiarato che l’ordinanza arbitrale non ha alcun impatto su di loro e che continueranno a sostenere e promuovere il libro. “Siamo sconvolti dalle tattiche di Meta per mettere a tacere il nostro autore tramite l’uso di una clausola di non denigrazione in un accordo di buonuscita. Il libro è stato sottoposto a un approfondito processo di editing e verifica e rimaniamo impegnati a pubblicare libri importanti come questo”.
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