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Sport
Tour de France. L'assolutismo di Tadej Pogacar
20-07-2024, 18:49
Remco Evenepoel si era convinto che oggi fosse la giornata giusta per dare la spallata a Jonas Vingeaard, per far dimostrare al danese che era lui il corridore migliore per finire alla spalle della maglia gialla. Ha fatto tutto il possibile. Ha messo i suoi compagni a tirare per rientrare sulla fuga, ha dato il via a Mikel Landa per andare il più forte possibile – e il più forte possibile del basco è tanta roba –, è scattato. Una volta. Due volte. Al secondo scatto era riuscito anche a mettere un metro e mezzo tra lui e gli altri. Jonas Vingegaard però c’aveva nessuna voglia di farsi superare da un tizio con meno anni di lui e che ha il fare un po’ troppo impertinente e che soprattutto flirta più del necessario con quel Tadej Pogacar che per due anni ha battuto, ma che quest’anno no. E anzi sta facendo la storia del ciclismo proprio davanti ai suoi occhi e alle sue gambe impotenti davanti a tanta forza. E così Jonas Vingegaard si è alzato sui pedali e ha allungato. In una decina di metri si è tolto di mezzo Remco Evenepoel. Poi ha dato un’altra botta sui pedali per provare a rimanere solo. Era quello che avrebbe desiderato più di ogni altra cosa. Sapeva benissimo che era impossibile, che per battere Tadej Pogacar serve essere in formissima, soprattutto che per staccare questo Tadej Pogacar serve essere più che in formissima. E lui non lo è. Un campione però non ci sta a non dimostrare di esserlo, indipendentemente da tutto. Ha fatto tutto il possibile Remco Evenepoel. Ha fatto tutto il possibile Jonas Vingegaard. Alla fine però ha vinto Tadej Pogacar. Gli sono bastati centosessanta metri. Gli è bastato alzarsi sui pedali ed accelerare per ritrovarsi da solo, per lasciare Jonas Vingegaard lontano abbastanza da non entrare nemmeno come sfondo nella foto ricordo sotto lo striscione d’arrivo della ventesima tappa del Tour de France. Quinta vittoria in questa Grande Boucle per Tadej Pogacar, diciottesimo successo stagionale, un’altra dimostrazione di essere il più forte, di essere a livello dei grandissimi della storia, di valere Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche, Indurain, Pantani, quei pochi che prima di lui sono riusciti a vincere il Giro d’Italia e il Tour de France nello stesso anno. Diamo sempre più peso al passato che al presente. Consideriamo il passato sacro e inimitabile e a volte non ci accorgiamo che il presente è allo stesso livello di quello che è stato. Tadej Pogacar oltre che gli avversari ha lasciato sui pedali anche quello strano mescolio di nostalgia e dominio del ricordo. E se ne è fregato pure di quella cosa che chiamano fair play o nobiltà d’animo, ma che è in realtà soltanto un tentativo normalizzazione dell’eccellenza. In fondo si perdona tutto tranne che il successo. E quello di Tadej Pogacar è stato assoluto, forse assolutistico. Poco male. Ci siamo divertiti.
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