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Caro Babbo Natale se davvero esisti occupati dei bambini abbandonati
Ieri 14-12-24, 10:02
Gli orfanotrofi erano luoghi grandi e puliti dove persone misericordiose accoglievano i bambini senza genitori e li facevano sentire meno soli. Ricordo che a Bergamo c'era un istituto che ospitava le prostitute in attesa di partorire. Le signore alloggiavano in quelle comode stanze fino a che il bambino compiva sei mesi. Passato quel periodo, dovevano decidere se tornare a battere o andarsene col pupo. Il più delle volte sceglievano la seconda strada ed era festa grande per tutti. Lavoravo anch'io in quel luogo di anime pie. Mi limitavo a dare cognomi dignitosi a ognuno dei fanciulli perché non avessero lo stigma del forestiero e non si sentissero mai diversi. Oggi quei rifugi si chiamano «case famiglia» ma la sostanza rimane la stessa, riempiono i buchi e cuciono i tagli che la vita ti ha fatto. Caso vuole che mi siano giunte delle letterine indirizzate a Babbo Natale dai bimbi senza genitori che alloggiano nelle case famiglia di Roma e Napoli. Buona parte allontanati da padri e madri per decisione delle procure. Una signora partenopea - tale Anna Di Biase - le raccoglie tutte e fa in modo di soddisfare i loro desideri. È una guerriera del bene, o forse una santa contemporanea, non saprei dirvi, ma ha volontà da vendere e una fede in dio che la rifocilla e la tiene desta. Entra in quelle strutture come un vulcano e porta sorrisi e beni terreni. E grazie a una chat di benefattori e benestanti della Campania (l'associazione si chiama società per amore) risponde in tempo reale a tutte le richieste. Non c'è giro di soldi. Ognuno mette a disposizione quello che può e il bene si moltiplica. Pare che la prima delle missive sia giunta dal piccolo Michele che ha 9 anni, viene dalla Romania, ed è completamente sordo. Il mondo per lui è un eterno silenzio, colorato e senza rimbombo, un'ampolla piena di pesci che si muovono vorticosi e disegnano strane figure con la bocca. L'avevano trovato per le strade di Casal di Principe che gironzolava come un uccellino smarrito tra le case di un centro abitato, invidiando il calore che c'era dentro e l'eco tumultuoso di quelle esistenze, e avevano subito rintracciato la sua mamma conducendoli entrambi in un luogo protetto, una grande casa famiglia di Aversa, nel Casertano. Il bimbo, in poco tempo, era riuscito a ottenere dal sistema sanitario nazionale un apparecchio per l'udito nuovo di zecca. Lo custodiva con cura e godeva come un riccio ogni volta che sentiva una voce distinta che chiamava il suo nome. Sono fortunato come un papa, pensava nella sua testolina ingenua, e nulla altro avrebbe chiesto a Dio se non di restare in quel luogo e in quel tempo sicuro e avvolgente. Un giorno però la donna che lo ha messo al mondo si è dileguata come un ladro da strapazzo nella notte buia. E fuggendo dalla camerata s'è portata via l'apparecchio del figlioletto, convinta di rivenderlo sul mercato e ricavarci un bel gruzzoletto. Il bambino d'un colpo solo ha dovuto digerire l'abbandono dell'infausta genitrice e la perdita dell'auricolare. Senza una mamma disgraziata si sopravvive, senza l'apparecchio per sentire no. E così ha scritto una letterina a Babbo Natale chiedendo non una madre, bensì l'auricolare. Credo che la signora Anna abbia mosso l'universo per aiutarlo e presto il poverino avrà modo di sentire la voce materna e mandarla beatamente a fanculo. Non è l'unico fortunato di questo miracolo di dicembre. Tra Roma e Napoli vivacchiano centinaia di questi bambini segnati dalla vita. Duecentocinquanta sono lontani dai genitori e sono accolti in case di comunità che hanno l'ambizione di distribuire amore e altruismo. Un altro centinaio sono poveri in canna. Altri ancora sono bimbi in cura al Bambin Gesu di Roma e attendono di guarire da una malattia maledetta. A Natale si mettono tutti ai tavoli della cucina, carta e penna, la tazza accanto che profuma di te e biscotti e compongono la lista dei desideri. Le loro lettere sono capolavori. Andrebbero lette nelle scuole. Commentate nelle famiglie. E messe in faccia ai genitori scemi che perdono gli stipendi e la testa per accontentare i capricci di figliolanze ingrate. Antonio per esempio ha 9 anni. Gli piace cucinare e acconciare i capelli alle signore perché lo faceva nella casa dove viveva con la sua mamma e la sua nonna. Un giorno è finito in comunità – non sa nemmeno lui perché - nuovi bimbi e nuove facce adulte. «Mi manca tanto casa mia» scrive a Babbo Natale «e penso tanto a mio fratello». Vorrebbe un tablet, Antonio, una scatola di lego e una chitarra ma poi ci ripensa, sbianchetta il lego e la chitarra, e lascia solo il tablet perché di ‘sti tempi conviene esser sobri. Sono concreti i bimbi che soffrono. Non cercano ninnoli e orpelli. Priamo ha 10 anni, ha fatto il giro delle comunità insieme alla sua sorellina, si può essere vagabondi già da bambini? Gli basta un tramonto per essere felice: «Mi piace creare nuove cose con i lego», dice, «guardare i paesaggi e condividere i giochi con i miei amici. Voglio chiederti solo di non allontanarmi da mia sorella perché le voglio tanto bene». Celeste ha sei anni e non si ricorda più che sapore ha il Natale a casa, quando le luci brillano sull'albero e nella sala si spande un odore di miele e cannella. Sente il vuoto dentro ma non sa dargli un nome. Gerardino invece scalpita: ha chiaro in testa che vuole solo la sua nonna e la sua mamma, dato che sono due anni che non è più con loro, gli piace scartare la carta, lo sfrigolio del nastro, e quell'attesa che serpeggia nell'aria. Se è fortunato troverà un orologio per imparare a contare le ore che lo separano da casa. Infine Olimpia, 11 anni, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri. Le hanno detto che quest'anno è stata molto cattiva a scuola perché prendeva note di continuo «però ho promesso che recupero tutto e adesso vorrei un paio di calzini Nike e degli evidenziatori ma soprattutto trascorrere le vacanze insieme alla mia mamma». Perché vi dico di loro? Perché mi hanno commosso nel profondo. Perché i numeri sono impietosi. Più di 23.100 bambini e ragazzi ospiti nelle 3600 comunità per minorenni sparse in Italia e non sono i dati più aggiornati. Un monitoraggio del ministero della Giustizia ha rivelato che nei due anni precedenti la pandemia 12.000 fanciulli sono stati allontanati dalle loro famiglie, una valanga. Anche i neonati non se la passano bene: 400 ogni anno quelli abbandonati alla nascita. Messi al mondo e subito mandati a farsi fottere. Ecco, io vorrei dedicare a tutti quei bambini questo Natale. E se esiste davvero un Babbo con la barba bianca e il giaccone rosso (cosa di cui dubito fortemente vista la sfiga che ci attanaglia) che scenda sulla terra e si occupi subito dell'infanzia abbandonata. Perché qui siam fessi e non siamo in grado di aiutarli abbastanza.
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