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Caso Ramy, il pm chiede perizia: "Accertare dinamica omicidio stradale"
Oggi 07-10-25, 20:18
Una "perizia cinematica" per accertare "l'esatta dinamica" dell'incidente stradale in cui il 24 novembre 2024 ha perso la vita il 19enne Ramy Elgaml, dopo un inseguimento di 8 chilometri con i carabinieri di Milano. È la richiesta della Procura nell'inchiesta per omicidio stradale che vede indagati l'amico 22enne della vittima, Fares Bouzidi, con lui a bordo del T-Max la notte del decesso, e il militare del Nucleo radiomobile, Antonio Lenoci, che guidava l'Alfa Romeo Giulietta dell'Arma che al termine dell'inseguimento, all'angolo fra via Ripamonti e via Quaranta, avrebbe urtato "con la fascia anteriore del paraurti" la parte "posteriore destra" della moto "provocandone così la caduta e lo slittamento sul manto stradale". Una richiesta di incidente probatorio al gip, firmata dai pubblici ministeri Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, per 'cristallizzare' la prova da utilizzare in un eventuale processo e che si sarebbe resa necessaria per via della "peculiarità e delicatezza della vicenda", si legge nelle 4 pagine dell'atto, e a causa del fatto che le relazioni dei consulenti tecnici già depositate arrivano a "conclusioni divergenti su diversi profili" e non consentono una "ricostruzione univoca dell'evento". In particolare il consulente dei pm, l'ingegner Domenico Romaniello, con una lunga relazione depositata prima dell'estate aveva di fatto scagionato i militari parlando della caduta come causata da una "manovra improvvisa ed imprevedibile" in cui il militare ha tentato di frenare "il più energicamente possibile" per non travolgere il mezzo. Per l'ingegnere "l'urto" auto-scooter, di cui ha parlato anche la polizia locale intervenuta sul posto nella prima relazione ai magistrati, sarebbe avvenuto in una fase precedente, senza buttare a terra i ragazzi. Certo l'impatto si sarebbe potuto evitare con più "spazio a disposizione" e quindi una maggiore distanza fra i veicoli ma non si è trattato di un "normale incidente stradale" quanto di "un'operazione di pubblica sicurezza" in cui Lenoci si è attenuto "alle procedure previste nei casi di inseguimenti di veicoli". Tesi che non hanno convinto né i consulenti degli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli per la difesa di Fares, né l'ingegner Matteo Villaraggia per la legale Barbara Indovina che assiste i familiari - padre, madre e fratello - di Ramy. Sopratutto non hanno incontrato il favore della Procura secondo dalle indagini sarebbe emerso il mancato rispetto delle "regole di comune prudenza e diligenza" a cominciare di una distanza tenuta "sempre inferiore a 1,5 metri" non idonea a "prevenire collisioni" peraltro con un mezzo in cui il conducente guidava "senza casco". La nuova perizia cinematica dovrebbe quindi chiarire "quale sia stata la dinamica dell'incidente stradale", secondo il quesito proposto dagli inquirenti, e "se la condotta di guida tenuta" da tutte le "parti coinvolte" sia stata "conforme ai principi di diligenza e prudenza", alle "norme del codice della strada". I periti del gip dovrebbero anche precisare, nel caso fossero individuate "più condotte colpose" di entrambi gli indagati, se "le stesse si pongano quali antecedenti causali" rispetto all'incidente e alla morte di Ramy. Un accertamento che non sarebbe rinviabile alla fase del processo perché "alla luce della complessità" delle prove da ricercare si potrebbe "determinare una sospensione superiore a 60 giorni" del dibattimento. Inoltre dalla perizia potrebbero emergere "elementi fondamentali" per decidere se chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione di Bouzidi, del carabiniere 38enne, o di entrambi. Sulla morte di Ramy si è già assistito a una sentenza di condanna in abbreviato, in primo grado, a 2 anni e 8 mesi per l'amico Bouzidi, imputato di resistenza aggravata per la fuga iniziata in via Gaspare Rosales, senza fermarsi all'Alt della pattuglia 'Volpe 40', e condotta per circa 20 minuti "con picchi di velocità" superiori a 120 km/h percorrendo strade "in contromano" e infine sterzando a sinistra nell'ultima curva fatale a 55 km/h sempre in controsenso. In un filone investigativo parallelo, invece, sono indagati per depistaggio e favoreggiamento altri 4 carabinieri in servizio la notte del 24 novembre: un 27enne e un 38enne di Caserta del Radiomobile e a bordo i 2 delle 3 gazzelle impegnate nell'inseguimento dei giovani. Rispondono di frode processuale aggravata dalla distruzione di "documenti" e prove e favoreggiamento personale nei confronti del 38enne indagato per omicidio stradale. Avrebbero rivolto una "minaccia" al testimone oculare dell'incidente. "Cancella immediatamente il video... fammi vedere che lo hai cancellato... adesso sali in macchina perché ti prendi una denuncia". Lo avrebbero fatto per distruggere "documenti utili" ad accertare la verità sulla morte. "Ti carico in macchina e aspetti che finiamo, dammi il documento che ti becchi una denuncia", le frasi che gli sarebbero state rivolte obbligandolo a distruggere, dal proprio Samsung con cui aveva registrato un video del sinistro, le tracce dell'accaduto. Uno avrebbe anche fotografato con il cellulare il "documento d'identità" del testimone e, dopo "alcune ore", l'avrebbe a sua volta cancellata dalla "memoria" per "ostacolare le indagini" e impedire la "tempestiva identificazione" dell'unica persona che aveva assistito materialmente alla tragedia. Altri due colleghi sono indagati solo con l'accusa di depistaggio. Entrambi appartenenti al terzo Reggimento Carabinieri Lombardia - Squadra di intervento operativo, sono giunti sul posto a fatti già avvenuti. Questo non gli avrebbe impedito - secondo i pm - di "ostacolare" o "sviare" l'indagine costringendo un secondo passante a cancellare dal proprio Iphone "9 files" contenenti "video appena effettuati" contenenti le immagini di "diverse fasi" del "sinistro" e quelle "immediatamente successive".
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