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Cecilia Sala: vi spiego i sei post "fascisti". E spunta quello su Borsellino e CasaPound
Oggi 27-06-25, 08:23
Che i post della discordia pubblicati anni fa da Cecilia Sala sui suoi profili social, riesumati l'altro ieri, potessero avere un'origine diversa che non fosse una presunta doppia vita politica – intellettuale progressista di giorno, "nera" impenitente di notte – lo si era intuito. Quello che però mancava per completare davvero l'arco narrativo di questa storia erano le circostanze, o, per usare una parola di moda oggi, il "contesto". Contesto che la stessa Sala, intorno alla mezzanotte di ieri, si è premurata di fornire in un lungo scritto su X, nel quale ha chiarito tutti i "dietro le quinte" di quei post; sei in tutto, spiegati uno per uno, con tanto di retroscena e dettagli vari. Il post Lazio/SS, tanto per cominciare: in quel caso si sarebbe trattato semplicemente di uno scherzo, «fatto da un mio amico un giorno che avevo lasciato il pc aperto», cosa che in effetti si evince anche dai successivi autocommenti di allora. A sostegno, aggiunge pure che «in quegli anni facevo politica studentesca con lista di sinistra al liceo Cavour di Roma» come «rappresentante d'istituto». Altro post, altra spiegazione. Immagine dell'aquila nazista con svastica? Postata ironicamente - dice lei - per prendere in giro «i maschi che andavano in giro a Roma con queste magliette "Boy London" che avevano un simbolo identico a quello del Terzo Reich» -e pure questo ha senso, dopotutto lo facevano Cecilia Sala anche «tanti altri ragazzi». Tocca poi al contestatissimo saluto romano, il quale non sarebbe stato altro che «un ciak davanti alla camera di quando lavoravo per la redazione video di Vice». Ancora, la foto di Hitler nudo farebbe parte di una serie di opere «di un'artista che mette i cattivi della storia in pose ridicole» e sarebbe stata seguita da altri post simili, tra cui un «Bin Laden vestito da Marilyn». Sul capitolo foto delle bandiere di Foza Nuova, scrive che «ero a fare un servizio su un pestaggio a Piazza Cavour fatta da neofascisti per Michele Santoro». Infine, le «paperelle giocattolo» coi riccioli da ebrei ortodossi «sono in vendita al museo dell'Olocausto di Berlino» e sarebbero parte di una collezione più ampia, compresa un paperella-Trump. Insomma, spiegazioni che riporterebbero tutto ad una dimensione ironica e goliardica. Caso chiuso, dunque? Sì, ma solo in parte. Perché nella serata di ieri è spuntato un nuovo post del 2011, nel quale la Sala avrebbe scritto «19esimo anniversario della morte di Paolo Borsellino, Via d'Amelio, Palermo», aggiungendo poi i tag «@Casa Pound Italia» e «@Giovane Italia Palermo». Vero o fake? Ironico o serio? In attesa che venga spiegato anche questo post, resta comunque aperta l'altra questione, più generale e complessa, cioè quella relativa al doppio standard, che, in questo caso come in altri, viene immancabilmente applicato.
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