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Chi è il cardinale Ranjith. L'«uomo» di Colombo che punta al dialogo (e al Soglio)
03-05-2025, 20:00
Caro Direttore, l'uovo di Colombo. Tra i porporati che iniziano a essere studiati dagli elettori del prossimo Conclave, ce n'è uno che potrebbe incarnare alla lettera quella formula: l'uomo inatteso, semplice e solido, un po' Wojtyla e un po' Ratzinger. Non è romano, non compare nei briefing dei vaticanisti di professione, ma può contare sulla rete del Movimento dei Focolarini, presente in 182 paesi del mondo. Il suo nome inizia a girare nei colloqui riservati tra cardinali che cercano un'alternativa al grande favorito: il Segretario di Stato Pietro Parolin. L'uomo di Colombo è il cardinale Albert Malcolm Ranjith, 78 anni, arcivescovo della capitale dello Sri Lanka, già nunzio, già capo di due importanti dicasteri vaticani, liturgista, missionario, solido conoscitore della Curia e delle sue ombre. Parolin resta il volto esperto e istituzionale della diplomazia vaticana, ma c'è chi cerca un profilo diverso: non troppo legato a Francesco, come il “filippino romano” Tagle, ma capace di unire esperienza curiale e respiro globale. Ranjith non ha mai cercato il centro. Eppure, lo ha abitato. Parla, oltre all'italiano, inglese e francese, altre lingue. Fu segretario di Propaganda Fide e del Culto Divino. Ma quando denunciò la discutibile gestione immobiliare del cardinale Sepe, protetto da Stanislaw Dziwisz, venne rimosso e lasciato senza stipendio né alloggio. Benedetto XVI lo richiamò poco dopo e lo nominò nunzio in Indonesia, il Paese musulmano più popoloso del mondo. Da lì, la salita: vescovo, cardinale, guida della Chiesa singalese, tra povertà, guerra e terrorismo. Nel 2019, dopo gli attentati di Pasqua che causarono oltre 260 morti, Ranjith pronunciò la frase che da allora lo accompagna: «Tu sei un fratello», rivolta a un giovane musulmano sopravvissuto. Non fu solo un gesto di riconciliazione, ma anche una denuncia verso lo Stato, accusato di aver ignorato allarmi precisi. Chiese giustizia, protestò contro la retorica, e ottenne nel 2025 che 167 vittime fossero riconosciute martiri in odium fidei. Ranjith è anche un uomo di governo: ha guidato le Pontificie Opere Missionarie, è stato curiale sotto due papi, ma non ha mai fatto carriera nel senso classico. Vive con semplicità, non rilascia interviste, non si schiera. Il suo motto episcopale – Verbum caro factum est – rivela una teologia incarnata, concreta, radicata nella storia. Conservatore nella dottrina, radicale nella carità, fermo nella preghiera, ha sempre favorito il dialogo interreligioso. Ha conosciuto la guerra, la povertà e anche l'ingiustizia dentro la Chiesa, ma ha sempre scelto il silenzio, mai la resa. E proprio questo silenzio, oggi, pesa come una promessa. Il nome di Parolin resta fortissimo, ma Ranjith parte da lontano. E forse, proprio per questo, potrebbe essere la soluzione più semplice e più inattesa. Come l'uovo di Colombo, anche perché – a 78 anni – assicura un altro giro ai cardinali più giovani. A meno che i voti che sta raccogliendo non convergano last minute proprio sul Segretario di Stato, e allora lo ritroveremo comunque a Roma, con un ruolo di rilievo. Il «Papa mercato», per sorridere un po', e con il permesso dello Spirito Santo, è ancora solo agli inizi.
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