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Conte-Renzi, volano insulti. Il grande Vaffa del campo largo
09-09-2024, 07:56
Campo largo o più esattamente circo Barnum. Una sorta di baraccone, dove il caos regna sovrano, nonostante gli sforzi del capo clan, Elly Schlein, di spingere tutti all'ammucchiata contro Giorgia Meloni. Ed ha voglia la segretaria del Pd da Reggio Emilia, chiudendo la Festa dell'Unità, a sgolarsi: «L'alternativa va costruita sui "per" molto più che sui "contro' che pure ci sono». Ora è arrivato il tempo degli insulti e delle querele minacciate, come quelli tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. «È un affarista, è entrato persino nella partita del litio», lo accusa il leader del M5S dalla Festa del Fatto Quotidiano. Con Renzi che replica: «Evidentemente Conte non sta benissimo, questa polemica con Grillo lo sta provando: appena sta meglio, lo invito a un confronto pubblico in streaming, scelga lui se in TV o in Tribunale». Gli "elefanti" poi sono entrati direttamente in salotto, a cominciare dalla politica estera (alla faccia di Bonaccini che dice «parliamo di contenuti»). Dalle armi all'Ucraina alle prossime elezioni statunitensi, gli aspiranti alleati del campo progressista stentano a trovare punti in comune. Anzi si allontanano sempre di più. Che la strada sia ancora in salita lo dicono anche le diverse sensibilità che si registrano nel Pd dove alla linea della maggioranza, contraria all'utilizzo delle armi fornite a Kiev per colpire postazioni russe oltre il confine, fa da controcanto quella dei riformisti, che è tornata a chiedere un salto di qualità nel sostegno all'Ucraina. Sulla stessa lunghezza d'onda della minoranza dem si trova Azione che, con Carlo Calenda, sottolinea che «sull'Ucraina stiamo dando l'immagine dell'Italietta». E anche Italia Viva rimane favorevole al pieno sostegno a Kiev. Poi ci sono le prossime elezioni americane, con l'equidistanza riaffermata da Giuseppe Conte. «Harris ha responsabilità sulla linea Usa in Medio Oriente. Io sono per misurare la Harris, se dovesse vincere le elezioni, quando imposterà un percorso di pace», ha spiegato sabato il leader del M5S alla festa nazionale dell'Unità, provocando la preoccupazione degli alleati, che invece sono dichiaratamente con la candidata democratica. L'altro tema che fa esplodere il campo largo si chiama Matteo Renzi. «Noi - ha scandito Conte- non potremmo mai lavorare con Renzi, costruire un progetto con lui, lo dico subito così ci chiariamo». E a chi nel Pd sollecita l'intesa con il leader di Iv per un "campo largo", Conte ha ribadito che «questo deve essere un campo coeso, costruito sulla credibilità di un progetto politico», non bisogna «ridurre il problema a questioni di simpatia o idiosincrasia». Che unito alle accuse sulla vendita di litio, vuol dire oltre ogni ragionevole dubbio, porte chiuse dal M5S all'ex sindaco di Firenze, soprattutto in Liguria. E proprio sulla coalizione che si candiderà alla successione di Giovanni Toti, Azione rischia la diaspora. Dove questa volta le valigie sono per davvero pronte, davanti alla porta. E lui, Carlo Calenda, continua a procedere a zig zag. A Genova, spinto anche dai suoi dirigenti locali, assicura il sostegno ad Andrea Orlando, poi va a Cernobbio e parla di nucleare, facendo imbufalire gli alleati. Il leader sa che se andrà fino in fondo, a Roma scoppia la rivolta, con tanto di abbandono di Maria Stella Gelmini, Enrico Costa e Mara Carfagna. Con altre due parlamentari che ci stanno pensando: Giusi Versace (anche lei ex Forza Italia) e Giulia Pastorella, considerata vicina ai Libdem di Andrea Marcucci. Il quale Andrea Marcucci in un tweet scrive: «In Liguria il campo largo discute di tutto, meno che del programma. Sulle grandi opere M5S ed Avs hanno cambiato idea?E per quanto riguarda la presunzione di innocenza? Con tutta la stima politica, in #Liguria per un liberale garantista appare impossibile sostenere Andrea Orlando». Stessa posizione della ex ministra Gelmini che al Secolo XIX riassume: «Non capisco come si possa governare la Liguria con forze, che dal terzo valico alla Gronda, hanno sempre combattuto lo sviluppo infrastrutturale della regione». Dove c'è un circo, c'è un leone: quello che sta sbranando il campo largo.
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