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Cresce la fronda nel Pd: una nuova corrente per isolare Schlein. Gentiloni nume tutelare
19-10-2025, 08:03
Come in certe famiglie dove non si parla più, ma si litiga praticamente da mattina a sera. Il Pd vive giorni di nervi scoperti: battute velenose, silenzi pesanti, e quella sensazione di stare insieme solo perché separarsi costerebbe troppo, è difficile trovare un altro tetto. Così anche l'ultimo allarme lanciato dall'inquilina del Nazareno, in missione ad Amsterdam, viene accolto con fastidio e freddezza dalla minoranza. È la conferma che Elly Schlein si è infilata in un vicolo cieco. Era andata così anche quando Maurizio Landini definì la premier una «cortigiana», con Elly Schlein che corse subito a difenderlo. Disse allora la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno: «Il linguaggio offensivo e sessista non è solo una questione di civiltà, ma un ostacolo concreto alla piena agibilita' democratica delle donne». Insomma il segretario della Cgil si scusi. Lo stesso canovaccio si è ripetuto per l'affondo di ieri, i riformisti restano con le bocche cucite, nessuno corre a dichiarare solidarietà alla segretaria, un silenzio che parla molto più di mille parole. Vuol dire distanza, come se tornasse l'eco del giudizio feroce di Romano Prodi: «Con questa andiamo a sbattere». E ancora di più l'analisi impietosa di Paolo Gentiloni, solo qualche giorno fa: «Allo stato attuale il campo largo non può essere un'alternativa». Alla fine la minoranza dem si è fatta coraggio e venerdì a Milano presenterà la nuova corrente, dopo essersi liberata dal "guardiano", l'eurodeputato Stefano Bonaccini, sfiduciato proprio per il rapporto stretto con Elly Schlein. Nel capoluogo lombardo si ritroverà la pattuglia più determinata: la campana Picierno, l'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, l'eurodeputato Giorgio Gori, la deputata Lia Quartapelle, il senatore Filippo Sensi, l'ex capogruppo al Senato Simona Malpezzi, l'ex ministra Marianna Madia. Con un nume tutelare: l'ex commissario Ue che si è deciso a proporre il cambio dì menù alla famiglia dem. Se la pentastellata Chiara Appendino chiede a via di Campo Marzio di "allentare l'intesa con il Pd", i riformisti dem avanzano una proposta analoga: non possiamo più farci dettare la linea da Giuseppe Conte. Per loro le ultime elezioni toscane sono state una conferma: il contributo elettorale dei Cinque stelle è praticamente inutile, "avremmo vinto bene anche senza di loro". Non è solo una questione di numeri, piuttosto di sostanza. L'area di Guerini e Picierno denuncia da mesi il posizionamento internazionale dell'ex presidente del Consiglio e la sudditanza della segretaria Pd che spesso si piega alle intemerate dell'avvocato di Volturara Appula. Ad esempio sul riarmo europeo, quando a Bruxelles il gruppo dem si spaccò esattamente a metà, una parte dietro l'opposizione dura di The Left, ed un'altra sostanzialmente d'accordo con la proposta di Ursula von der Leyen. O sul Piano Trump per il Medio Oriente, con una parte di deputati dem che votò la mozione di Italia Viva. Elly Schlein ha più volte minacciato la resa dei conti, facendo trapelare per settimane la possibilità di ricorrere ad un congresso anticipato. La segretaria sperava in un risultato eclatante alle regionali di autunno, uno slancio che le desse la forza di disperdere l'opposizione interna. Ora che è stata convinta dalle urne a più miti consigli, non sa letteralmente che pesci prendere, anche perché il 2026 potrebbe essere l'anno delle primarie con Giuseppe Conte. La minoranza invece continua a sperare in un “incidente” di percorso. Com'è pesante la vita sotto lo stesso tetto.
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