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Da Turetta 75 coltellate a Giulia per "inesperienza", per questo i giudici hanno escluso la crudeltà
08-04-2025, 15:42
Il movente del delitto, le aggravanti, la premeditazione. Sono state diffuse le motivazioni della sentenza della Corte d'Assise di Venezia pronunciata il 3 dicembre scorso nei confronti dell'assassino di Giulia Cecchettin, Filippo Turetta. La relazione tra i due è "sempre stata connotata dall'atteggiamento possessivo e controllante del ragazzo, le cui pretese erano tali da dar luogo più volte a discussioni" nella coppia, si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna dello studente per il femminicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, nel novembre 2023. "Non solo egli pretendeva di controllare e selezionare le frequentazioni di Giulia, ma si aspettava che lei gli rendesse conto di ogni momento non trascorso insieme a lui, arrivando addirittura a tentare di imporle di rallentare gli esami e abbassare il proprio rendimento accademico per aspettarlo così da arrivare a laurearsi insieme", scrivono i giudici della Corte d'Assise di Venezia. Turetta tentava di "controllare le frequentazioni della ragazza e di impedirle di uscire da sola con le amiche dell'università, in aggiunta alla pretesa che lei gli facesse un resoconto dettagliato di ogni argomento trattato in occasioni di tali uscite". Il movente "E' provato" che Filippo Turetta "è arrivato all'appuntamento, il pomeriggio dell'11 novembre 2023, già pronto per l'aggressione" e "può anche riconoscersi che l'imputato abbia inferto i fendenti con concitazione, ma non per una reazione estemporanea e incontrollata quanto piuttosto per un rancore protratto, covato da giorni, e comunque ponderato per il tempo utile per programmare una linea di azione". I giudici lo hanno condannato al massimo della pena per il delitto premeditato, escludendo le aggravanti della crudeltà e dello stalking: "Affermare che l'omicidio sarebbe frutto di un momento di rabbia incontrollata sarebbe incompatibile con il fatto che Turetta abbia reiterato l'aggressione, portando a termine l'omicidio, dopo venti minuti dalla prima aggressione. La scelta del luogo in cui tale ultima azione è avvenuta (zona industriale di Fossò) non appare peraltro casuale" scrive la Corte. "Se fosse fondata la tesi difensiva e se Turetta avesse avuto una qualche incertezza circa il proposito omicida, egli si sarebbe certamente potuto fermare nel momento in cui Giulia, già ferita - come ha raccontato lo stesso imputato -, gli chiedeva 'ma cosa stai facendo?'; allo stesso modo, se il proposito omicida non fosse stato in lui radicato, egli avrebbe potuto desistere nel momento in cui la ragazza aveva tentato di fuggire". Anche le azioni successiva "fanno luce sul radicato proposito" di Turetta, il quale "ha agito con spietata lucidità subito dopo aver inferto le settantacinque coltellate, negli istanti immediatamente successivi, dando attuazione alla fase finale di quanto programmato, spegnendo il cellulare proprio e della vittima, recandosi direttamente a occultare il cadavere e avviandosi a una tenace fuga attraverso l'Austria e la Germania per i successivi sette giorni. Tenacia e lucidità manifestate fino a mezz'ora prima del suo arresto, quando ha provveduto a cancellare l'intero contenuto del suo telefono". Le coltellate "L'aver inferto settantacinque coltellate non si ritiene che sia stato, per Turetta, un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima: come si vede nella videoregistrazione dell'ultima fase dell'azione omicidiaria, l'imputato ha aggredito Giulia Cecchettin attingendola con una serie di colpi ravvicinati, portati in rapida sequenza e con estrema rapidità, quasi alla cieca", scrivono i giudici di Venezia nelle motivazioni con cui hanno condannato all'ergastolo il giovane, escludendo l'aggravante della crudeltà e dello stalking, per l'omicidio dell'ex fidanzata. "Non si ritiene che tale dinamica, certamente efferata, sia stata dettata, in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell'imputato ma essa sembra invece conseguenza della inesperienza e della inabilità dello stesso: Turetta non aveva la competenza e l'esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e 'pulito', cosi ha continuato a colpire, con una furiosa e non mirata ripetizione dei colpi, fino a quando si è reso conto che Giulia 'non c'era più'", scrive la Corte facendo riferimento all'omicidio dell'11 novembre 2023. "Egli ha dichiarato di essersi fermato quando si è reso conto che aveva colpito l'occhio: 'mi ha fatto troppa impressione', ha dichiarato. Orbene, considerata la dinamica complessiva, come anche registrata dalle videocamere in Fossò, non si ritiene che la coltellata sull'occhio sia stata fatta con la volontà di arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva". Lo stalking "Vi sono certamente momenti in cui Giulia Cecchettin ha manifestato un certo malessere in relazione alle condotte del Turetta ma si tratta, al più, di sporadici momenti di stanchezza o esasperazione non certo idonei a configurare quello stato ansioso che per la norma incriminatrice deve essere grave e perdurante", ha sottolineato la Corte di assise di Venezia nel passaggio in cui ha escluso l'aggravante dello stalking. Dagli atti processuale emerge "l'unico altro elemento" che "può attestare uno stato di ansia risale all'episodio del 7 marzo 2023 quando Giulia, durante una lezione all'università, è stata colta da una crisi di ansia a causa del comportamento dell'allora fidanzato". Per il collegio, presieduto da Stefano Manduzio con a latere la togata Francesca Zancan, "si osserva tuttavia che tale episodio appare troppo distante e rimane un fatto isolato: diversamente, non si spiega perché, in tutti quei mesi, nessuna delle amiche e nessuno dei familiari di Giulia sia mai arrivato anche solo a sospettare dell'esistenza di una tale 'grave e perdurante' condizione nella ragazza".
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