s
Dalla Francia agli Usa fino all'Italia: il mal di popolo che ucciderà le democrazie
07-07-2024, 07:19
Abbiamo il mal di popolo. Noi, i francesi e pure gli americani. E mentre in Italia i nuovi bolscevichi guidati da Fratoianni e Salis progettano i Soviet nei quartieri di Roma e rivendicano le occupazioni e i buffi dei loro affitti non pagati, costruendo sui reati "etici” le fondamenta della nuova forma -Stato, fatta più di furbate che di battaglie per i diritti, in Francia il mal di popolo mieterà la prima vittima. Perché oggi finirà la quinta Repubblica. Qualunque sia l'esito delle elezioni. Qualunque sia il risultato della macedonia antisemita e filo Pu tin alla Melenchon, preparata dallo Chef d'elite più in crisi d'Europa, Emmanuel Macron per fermare con un arabesco elettorale la richiesta di cambiamento che viene dalle Banlieue e dalle campagne francesi. Eppure lo sa, il monarca zoppo dell'Eliseo, che non conterà più come prima. E che le piazze di Parigi si riempiranno di contestatori. Di destra se l'esito sarà un papocchio all'italiana sul genere Monti -Draghi. Di sinistra se al governo andrà il giovane Jordan Bardella per conto di Marine Le Pen. La verità è che siamo all'alba di una nuova era. Una geronto democrazia, simboleggiata dallo sketch globale delle elezioni americane, dove la guida della più grande potenza mondiale se la contendono un vecchio rimbambito, Joe Biden, che guarda fisso nel vuoto mentre i Democratici cercano di farlo saltare, e un Avatar del vecchio Donald Trump, che somiglia a una di quelle fuoriserie della West Coast rimesse a nuovo da un carrozziere star, tutte cilindri a vista e cerchioni oldstyle rifatti in titanio aerospaziale, metafora del nuovo sogno americano del «tutto è possibile» perfino alla Casa Bianca. Anche trasformare in arma elettorale processi e pornostar, qualcosa che negli Usa fino a qualche anno fa avrebbe sepolto perfino Abramo Lincoln, ma che oggi è trendy perché oggi conta dividersi, odiarsi, farsi la guerra all'ultimo sangue. E conta perché le vecchie élite non hanno più il popolo, appunto, e l'unica strada che provano a percorrere per restare al potere è spiegarci che in democrazia non conta chi vince ma chi qualcuno decide sia «il migliore». In Italia ne sappiamo qualcosa. Qui ormai basta che a destra qualcuno dica «buongiorno» perché da sinistra rispondano «Bella Ciao». Siamo forse noi i pionieri della democrazia rifondata sul disconoscere l'eletto, anziché sulla legittimazione reciproca. E se perfino noi, levantini per natura e democristiani per indole, abbiamo seppellito le differenze (oggi sembra che in Italia ci siano fascisti e comunisti, mentre la Repubblica nasce sulla cultura cattolica, liberale, repubblicana e socialista) facendoci seguaci del bi-fanatismo, che ha demolito il vecchio esano bipolarismo, privando il Parlamento della sua funzione basilare, quella di discutere e poi mediare, significa che la Francia è solo una delle pedine che cadranno. Verso una deriva monocratica, che non dipende affatto dalla natura del singolo governo, tantomeno di quello guidato da Giorgia Meloni, bensì dal «no» preventivo a dialogarefra diversi. La rinuncia alla repubblica, insomma, alla lotta stessa per il cambiamento, alla prova elettiva. Oggi gli italiani scorgono questo nella politica. Un prontuario di verità assolute e rivendicazioni identitarie, costruiti per dire all'altro che la ragione sta solo da una parte e che in nome di tale ragione assoluta chi non sta con te sta contro di te, diventando da alternativo a usurpatore. Non è un caso che il termina «partito» sia diventato una parolaccia. Partito deriva da parte, ammettendo in questo il limite. Ciò che lo rende politico è solo l'azione, cioè il «prendere parte», appunto, alla battaglia istituzionale. E non certo l'affermazione onanista di essere gli unici soggetti della democrazia. I detentori del bene. I giusti.
CONTINUA A LEGGERE
13
0
0
Guarda anche
Il Tempo
10:21
#iltempodioshø
Il Tempo
10:00