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Di Pietro a Travaglio: "Ecco perché dico sì a questa riforma della giustizia"
02-11-2025, 08:15
L'ex magistrato di Mani Pulite e leader politico fondatore de L'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, ha dichiarato che voterà "sì" al referendum costituzionale sulla riforma della Giustizia varata dal governo Meloni, che include anche la separazione delle carriere dei magistrati. Apriti cielo. La posizione dell'ex pm ha provocato la reazione di chi contrasta il testo del ministro Nordio. Come Marco Travaglio che firma domenica 2 novembre sul Fatto quotidiano un fondo infuocato su "Antonio Di Dietro", così è titolato, in cui ricorda varie dichiarazioni raccolte negli anni in cui Di Pietro si dice contrario alla separazione delle carriere. Insomma, per il direttore del Fatto sconfessa le idee di una vita. L'ex magistrato risponde dallo studio di Omnibus, il programma diLa7 condotto oggi da Gaia Tortora. Com'è successo che ha cambiato idea? "Per libera scelta, non perché mi ha costretto qualcuno - spiega Di Pietro - Nell'89 quando venne fatta la riforma in senso accusatorio, io ero a favore, non contro. Dopodiché negli anni è arrivato Silvio Berlusconi che ci ha messo il cappello sopra, che voleva assolutamente che venisse modificata quella norma della Costituzione che garantisce l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, l'articolo 104 della Costituzione. Allora ne ho dette di tutti i colori". Insomma, quella riforma non l'avrebbe accettata "mai e poi mai", afferma DI Pietro. "Se non che c'è un piccolo particolare, che nel frattempo è arrivato lo scandalo Palamara, ci ha spiegato invece cos'altro di schifoso avveniva all'interno del Consiglio Superiore della Magistratura", aggunge l'ex pm. E ancora: "Soprattutto la riforma di cui si parla oggi, ci azzecca poco con la separazione delle carriere, perché ormai chi fa il pm fa il pm, chi fa il giudice fa il giudice e soprattutto ci vogliono nove anni" per cambiare "si può fare una sola volta". Insomma, per DI Pietro il punto cruciale della riforma è quello del "sorteggio, un metodo di scelta diversa di coloro che andranno al Consiglio Superiore", e "il tentativo di eliminare il correntismo all'interno del Csm".
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