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Disastro in Calabria per Avs: è fuori dal Consiglio. A Riace il modello Lucano è una bufala
Oggi 07-10-25, 14:18
È un tonfo secco, senza attenuanti: Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) in Calabria non entra nemmeno in Consiglio regionale. Si ferma al 3,85%, appena sotto la soglia di sbarramento del 4%. Un risultato che lascia fuori dal palazzo una lista che ambiva a rappresentare la “coscienza verde” del centrosinistra e che invece si risveglia con una sonora bocciatura. A fotografare la débâcle è anche il politologo Lorenzo Pregliasco, che su X ha scritto: “Dati definitivi in Calabria: Noi Moderati chiude al 4,03%, appena 252 voti sopra la soglia di sbarramento ed elegge 2 consiglieri regionali. Resta fuori dal Consiglio Alleanza Verdi Sinistra, che si ferma al 3,85% e non elegge nessuno”. Poche parole, ma impietose: in Calabria, la sinistra rosso-verde scompare dai radar istituzionali. La verità è che AVS, nella regione guidata da Roberto Occhiuto, non ha mai davvero attecchito. Tanta visibilità mediatica, tanti temi cari all'ambientalismo militante – dal clima alla transizione ecologica, fino ai diritti sociali – ma evidentemente nessuna radice. La campagna è rimasta sospesa tra slogan e testimonianza, incapace di tradursi in organizzazione territoriale. Le piazze si sono svuotate presto, i collegi rurali sono rimasti impermeabili, le città non hanno risposto. Il messaggio di AVS, costruito più per un pubblico nazionale e urbano, si è scontrato con una Calabria dove le priorità quotidiane sono altre: il lavoro che manca, la Sanità che non funziona, le infrastrutture che si fermano a metà. E i volti noti, da Donatella Di Cesare in giù, non hanno portato voti. La filosofa, chiamata a incarnare il volto “colto” e ideale della lista, si è fermata a meno di 500 preferenze personali. Un dato che racconta bene la distanza tra l'intellettualismo della sinistra accademica e la realtà di un elettorato che chiede risposte concrete, non manifesti ambientalisti o citazioni universitarie. Non è un caso che la campagna elettorale di AVS sia stata percepita come distante: molto attiva sui social, poco presente nelle piazze, priva di figure radicate nei territori. E in una regione come la Calabria, dove il voto si costruisce porta a porta, il digitale e la visibilità nazionale contano poco. A pesare, più di ogni altra cosa, è stata, poi, sicuramente l'assenza di Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace e simbolo della sinistra dell'accoglienza. Lucano, dichiarato incandidabile dai tribunali, non ha potuto correre. Senza di lui, AVS ha perso il suo punto di riferimento più riconoscibile nel Mezzogiorno e una figura capace di accendere almeno una parte del voto militante. Il risultato è paradossale: persino a Riace, la sua patria politica, la lista è andata malissimo. Niente effetto traino, niente ondata di solidarietà. Nemmeno lì, dove il nome di Lucano era diventato un vessillo politico, AVS è riuscita a sfondare. È come se anche quel mito, ormai logoro, non bastasse più a scaldare un elettorato sempre più pragmatico e disincantato. Nel frattempo, il centrodestra di Occhiuto consolida la sua leadership con oltre il 57% dei voti. Non solo riconferma il governatore, ma tiene unito l'asse con i moderati e conquista due seggi proprio grazie al margine che ha sancito l'esclusione di AVS. È un successo che sottolinea la compattezza del blocco di governo e la fragilità del “campo largo” di sinistra, dove il Pd e i suoi alleati non riescono a costruire un messaggio comune. In una competizione in cui il centrodestra ha saputo apparire affidabile e coeso, AVS si è limitata a interpretare il ruolo di testimonianza, finendo per parlare più a se stessa che agli elettori. Il voto calabrese è chiaro: senza una base territoriale, la sinistra radicale resta un'idea astratta. AVS ha puntato su slogan, intellettuali e simboli mediatici, ma non su persone, reti e amministratori radicati. E quando la politica incontra il territorio, il verdetto è sempre lo stesso: vince chi parla dei problemi concreti e non chi si rifugia nei principi astratti. La Calabria conferma una verità che si ripete in molte regioni italiane: tra un talk show e un seggio c'è un abisso fatto di strade dissestate, uffici pubblici chiusi e famiglie che cercano risposte. E in mezzo, spesso, bastano 252 voti di realtà per fare la differenza tra chi governa e chi rischia di sparire.
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