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Dominella: "L'effetto sorpresa a Donna sotto le stelle, le vacanze a Sabaudia e i carciofi alla giudia"
Oggi 05-09-25, 07:43
«Parlare di Armani a Roma, evoca subito "Donna sotto le stelle" (la celebre kermesse televisiva tutta dedicata alla moda che aveva come sfondo la Scalinata di Trinità dei Monti ndr). Armani ne era la stella assoluta. Spesso vinceva la diatriba con Versace e Valentino ed era lui ad aprire la passerella dei più grandi stilisti italiani». A ricordare l'«Armani romano» è Stefano Dominella, già presidente di AltaRoma (che organizzava le sfilate di alta moda capitoline) e attuale vicepresidente del settore Moda di Unindustria. «Armani riuscì a far andare su tutte le furie i sovrintendenti perché decise, con lo scenografo Portoghesi, di allestire una scenografia senza avvertire le autorità competenti. Voleva un effetto sorpresa così creò dei pannelli neri dai quali uscivano le modelle. Fu uno scandalo perché cambio la fisionomia della sfilata. Il pubblico rimase a bocca aperta, e lo stilista ottenne il risultato voluto». Roma è stata fonte di ispirazione di Re Giorgio? «L'ha ispirato soprattutto il Rinascimento romano. E poi gli piaceva immergersi nel ghetto ebraico. Ci andava spessissimo a cena, era un grande divoratore di carciofi alla giudia». I luoghi che amava di più della Città Eterna? «Dormiva all'hotel Hassler a Trinità dei Monti o al Plaza di via del Corso. Gli piacevano gli arredamaenti romani dei primi Novecento. Ma spesso soggiornava a casa di Gigi Giuliani, suo caro amico che lo ospitava a via Margutta. Con lui Armani ha aperto le boutique di Armani a Roma. Nella Capitale frequentava anche Piero Tosi, il maestro costumista. Suo posto del cuore era anche la casa sulle dune di Sabaudia di Giuliani. La villa aveva una torretta che era riservata ad Armani quando era ospite di Gigi al mare». Il suo rapporto con le clienti romane com'era? «Armani era in qualche modo affascinato dalle donne romane per la loro unicità, data dalla stravaganza e dall'eccesso, in antitesi con il suo modo di fare moda. Le romane lo affascinavano perché erano il contrario del suo stile, portatrici di una unicità difficile da smantellare. Raccontava, lo stilista, che il negozio di Roma andava molto bene. Le clienti compravano ma poi “personalizzavano” il tutto con grandi orecchini e cerchio e bracciali a non finire, in una visione completamente diversa dalla sua». Cosa lascia oggi alla moda Armani? «Ci ha lasciati in un momento molto difficile per il settore. In cui l'aspetto economico prevale sulla creatività. Armani era convinto, invece, che la creatività dovesse essere la protagonista e che la finanza dovesse essere semplicemente un supporto. La moda, oggi, per cambiare passo, deve necessariamente fare un dietrofront. I fatturati sono importanti, certo, ma senza la creatività un marchio muore. E i padroni delle griffe non hanno altra scelta se voglio far sopravvivere le loro aziende». Armani lascia un vuoto incolmabile... «È morto il maggior influencer del made in Italy. Nel mondo, dovunque vai, la moda italiana si identifica con Giorgio Armani. Non è stato solo uno stilista, un creativo, ha cambiato la fisionomia sociale della moda. Venivamo dalle spalline enormi, dalla giacca con la camicia e il gilet, la gonna corta. Lui ha creato un'identità diversa, nei materiali, nello stile, nell'atteggiamento della gente. La prima linea per chi se lo poteva permettere, la seconda per tutti. Le sue intuizioni geniali rimarranno nella storia della moda per sempre».
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