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Ecco la "Linea Segreta" tra Italia e Santa Sede: il nuovo libro di Preziosi
30-10-2024, 16:40
Due giorni prima della messa esequiale per Aldo Moro a San Giovanni in Laterano, a cui non partecipò la famiglia del Presidente Dc assassinato dalle Br ma solo gli attori istituzionali, un sedicente brigatista telefonò al direttore dell' “Osservatore Romano” per annunciare un attentato durante la funzione. Nonostante questo clima di tensione e di minaccia, Paolo VI decise comunque di presenziare, e rinunciò all'elicottero che il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti gli aveva messo a disposizione per rafforzarne la protezione. Nei mesi immediatamente precedenti alla sua morte, Giovanni Paolo II, pur fiaccato dalla malattia, profuse un impegno molto intenso per l'inserimento delle radici cristiane nella Costituzione Europea (che non vide mai la luce). Attraverso un “alto esponente politico italiano”, il Papa poi divenuto Santo recapitò una lettera in proposito a Valéry Giscard d'Estaign, presidente della Convenzione europea che lavorava al testo. “Se la può tenere in tasca”, disse sprezzante il politico francese al mediatore, e quando Giovanni Paolo II lo seppe ne ebbe sofferenza. Aneddoti, analisi e passaggi d'epoca. C'è tutto questo in “Linea segreta. I retroscena tra Stato e Vaticano”, saggio di Antonio Preziosi uscito per edizioni San Paolo (318 pagine, 20 euro). Un volume che attraversa quasi ottant'anni di rapporti tra Italia e Santa Sede, da Alcide De Gasperi a Giorgia Meloni. Passando per i Presidenti della Repubblica. Preziosi, direttore del Tg2, consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, studioso di questioni religiose e vaticane (autore di saggi come “Il papa doveva morire”, sull'attentato a Giovanni Paolo II e “Il sorriso del papa”, su Giovanni Paolo I) affronta questo percorso storico con lo scrupolo della ricerca e la limpidezza della prosa da giornalista. Un compito senz'altro non facile, considerando le asperità della storia che ci riporta a numerosi momenti di passaggio nei rapporti tra Stato e Chiesa. Eccone alcuni. Il referendum abrogativo sul divorzio, 12 maggio 1974, definito da Preziosi un “terremoto”, vide la vittoria dei no sui sì per 60 e 40. Un esito perentorio, preceduto da una durissima campagna referendaria che aveva aperto fronti interni anche nella stessa Chiesa (viene ricordato, a tal proposito, il ritiro dell'assistente diocesano dalla Fuci di Venezia perché sia lui che la comunità giovanile, attraverso un documento, avevano preso posizione in favore della laicità dello Stato). Ebbene, quella vittoria del no segnò un momento di grande freddezza tra la Santa Sede e la Democrazia Cristiana, con un convegno promosso dal Vicariato di Roma che si trasformò in una sorta di atto d'accusa per la classe dirigente democristiana. Il partito istituzione, superato l'altro momento di drammatica frattura storica sancito dal rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, rimase sponda di qua del Tevere fino al 1992. Lì, si segnò la fine dell'unità politica dei cattolici. Inizia l'era Berlusconi. “Dal Vaticano”, scrive Preziosi, “si guarda la situazione con una certa silenziosa attesa”. Scorrendo le pagine di quella fase, si incappa nella vicenda raccontata recentemente dal Cardinale Camillo Ruini al Corriere della Sera della proposta avanzata dall'allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro (allo stesso Ruini, al Cardinal Sodano e a monsignor Tauran) di un coinvolgimento della Santa Sede per far cadere il primo Esecutivo Berlusconi. Proposta che fu nettamente respinta dai porporati. Il berlusconismo di governo si snoda lungo due pontificati, quello di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Con Gianni Letta figura a comporre il raccordo tra le due sponde del Tevere. E terreni complessi in cui si è esercitato il dialogo tra governo e Santa Sede. Dalla seconda guerra in Iraq ai temi etici come il complicato braccio di ferro istituzionale (interno all'Italia) sul caso Englaro e il referendum sulla Legge 40, consultazione che vide una sponda tra il governo Berlusconi e la CEI di allora. Analoga virtuosità del confronto la troviamo anche tra Papa Francesco e Giorgia Meloni. Si coglie sin dall'insediamento del governo. La formazione dell'Esecutivo, analizza Preziosi, vede la presenza di due esponenti cattolici di rilievo, come il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il Pontefice, parlando dal Bahrein pochi giorni dopo il giuramento del governo, condivise una riflessione che suonò come un appello alle forze di opposizione affinché esercitassero il loro ruolo con responsabilità e senza pregiudizi. Una successiva nota di Palazzo Chigi definì le parole del Pontefice come “un perenne monito alla saggezza e alla carità”. Un dialogo mai venuto meno, e che avrebbe raggiunto l'apice (per il momento) con la partecipazione del Pontefice al G7 lo scorso luglio.
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