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Educare alla sessualità? "Non è una materia", Recalcati dà un dolore alla sinistra
Ieri 02-11-25, 13:10
“Educare alla sessualità è compito della scuola ma non è una materia”: Massimo Recalcati, psicoanalista e intellettuale da sempre idolo della sinistra, avverte sulle pagine de La Repubblica i naviganti e spiazza i suoi interlocutori progressisti. L'intento è chiaro: non cedere alla tentazione di ridurre la sessualità a un programma ministeriale e influenzare il tema con derive ideologiche che non farebbero bene né ai ragazzi né alle famiglie. Dopo un lungo preambolo sul sessantotto e le sue conseguenze benefiche sull'opinione pubblica, avverte anche che ciò che aveva scatenato il movimento, potrebbe generare oggi un nuovo oscurantismo e derive ideologiche tutt'altro che sane: “Oggi il rischio è, almeno ai miei occhi, un nuovo tipo di oscurantismo. Mi riferisco alla riduzione della sessualità a fenomeno da spiegare, classificare, amministrare. Ma anche alla sua colonizzazione da parte di ideologie diversamente identitarie che pretendono di racchiudere il suo mistero all'interno di categorie fatalmente rigide”. Il saggista è netto, l'educazione sessuale è una questione seria che non può essere “liquidata” né con “un moralismo rovesciato — condannare la sessualità eterosessuale come rigidamente binaria e normativa di fronte ad altre forme di sessualità che sarebbero più libere ed espressive — né con l'ingenuità scientista di chi crede che basti un modulo formativo per educare al mistero irriducibile del desiderio sessuale e della vita affettiva”. Un attacco in piena regola a tutti i mantra della sinistra che proprio sul tema nelle ultime settimana aveva speso giorni di polemica e aveva urlato alla fine di libertà fondamentali dei ragazzi e delle famiglie. Recalcati che, riga dopo riga, è ancora più netto: “E poi chi dovrebbe insegnarla? – chiede – Un biologo? Uno psicologo? Un insegnante di scienze naturali? Un tecnico appositamente formato? La sessualità non è un sapere universale da trasmettere, ma un'esperienza del tutto singolare e incomparabile che deve essere piuttosto custodita”. E ancora: “da questo punto di vista l'educazione sessuale e affettiva non può che essere una educazione alla propria libertà e a quella dell'altro – sottolinea – L'identità sessuale, qualunque essa sia, non salva dal rischio dell'infelicità, del fallimento, del disagio e della solitudine. È un errore e una grave illusione pedagogica pensare che basti riconoscere un'etichetta per risolvere il mistero del desiderio”. Poi una serie di interrogativi, gli stessi usati dalle opposizioni per giustificare l'educazione sessuale quale materia curriculare da introdurre nelle scuole. È qui che lo scrittore segnala l'ennesimo cortocircuito: “È la Scuola come comunità vivente che deve incaricarsi non tanto di rispondere a questi interrogativi ma di educare quanto meno alla libertà, al rispetto delle differenze e al mistero”. Infine una domanda proprio ai progressisti che, di certo, non sarà passata inosservata e anzi avrà fatto storcere il muso a molti: “Un dubbio: tutto questo si ottiene facendo della sessualità e dell'affettività una materia di studio?”.
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