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ELly Alamein: offensiva dem contro Meloni. Ma il caos libico è iniziato col Pd
24-01-2025, 07:48
La sinistra italiana, Pd in testa, chiede la testa (politicamente parlando) del Guardasigilli Carlo Nordio. Urlano che Giorgia Meloni deve riferire in Parlamento, non bastano le spiegazioni del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Quella orchestrata negli ultimi giorni dai Dem, col sostegno di Avs e M5S, è una vera e propria "campagna d'Africa", determinati a dare battaglia contro la scelta del governo di aver espulso il capo della polizia libica Najeem Osema Almasri. Non accettano che la Corte d'appello di Roma lo abbia liberato per un errore formale nell'arresto (non è arrivato in tempo il parere vincolante del ministero della Giustizia). Su Almasri pende, infatti, un mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale, perché è ritenuto colpevole di vari crimini, tra i quali la tortura sui migranti, perpetrati nel carcere libico Mitiga. Eppure, al polverone sollevato dalle opposizioni manca un tassello: la situazione, in alcuni casi sicuramente grave, in cui vengono gestiti i flussi di migranti provenienti dall'Africa centrale, non sono certo una novità di oggi. Questo "disastro" porta la targa del Pd. L'Italia collabora con la Libia non certo da oggi, ma da molti anni. Sicuramente dal 2 febbraio 2017, quando l'allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, d'intesa con il «ministro di ferro» Marco Minniti, allora titolare del Viminale dal pugno di ferro e fautore della politica di collaborazione con Tripoli, siglò un Memorandum con la Libia proprio sulla gestione dei migranti. Almasri è il suo nome di battaglia e significa «l'egiziano». Il suo vero nome potrebbe essere Osama al-Najeem. Fa parte di un gruppo militare islamista che si chiama Rada e gestisce dal 2021 l'Istituto di Riforma e Riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli. Uomo di fiducia del signore della guerra Abdel Raouf Kara, il leader della milizia che controllo l'aeroporto e le carceri, inizia la sua carriera militare contro le forze di Gheddafi e poi contro l'Isis e infine contro i mercenari di Haftar. È stato più volte in Europa in questi anni e anche in Italia, prima che fosse spiccato a suo carico un mandato di cattura internazionale. E conosce perfettamente quell'accordo del 2017 sui migranti. La Libia è un Paese strategico per l'Italia. Non c'è solo il Piano Mattei. Ma anche numerosi accordi economici, soprattutto nel campo dell'energia, che riguardano gas e petrolio. Il 18 e il 19 gennaio scorso si è tenuto il Libya Energy & Economic Summit 2025, dove il premier Dabaiba ha sottolineato le importanti opportunità aperte con le aziende italiane. Ma la collaborazione con Tripoli è fondamentale soprattutto per bloccare le partenze dei migranti. Nel 2024 sono diminuite del 60% rispetto all'anno precedente (36mila in totale) ma la Libia resta comunque il primo Paese da cui salpano i barconi per l'Italia. I "lager" o carceri disumani in cui vengono tenuti i migranti devono sicuramente cessare di esistere, così come devono diminuire ancora di più i traffici degli scafisti che portano i migranti in Sicilia. Il rimpatrio di Almasri, accolto con favore dal governo libico, potrebbe essere l'inizio di un cambio di rotta complessivo, dopo almeno un decennio in cui poco si è fatto.
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