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Fabi, Silvestri e Gazzè al Circo Massimo: cronache di una festa con 50mila invitati
07-07-2024, 11:42
Nel piccolo club romano di vicolo del Fico, “Il Locale”, in cui il seme ha iniziato a germogliare, nessuno avrebbe scommesso che, circa 30 anni dopo, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè avrebbero ospitato al Circo Massimo 50mila invitati per una grande festa. Ieri sera, con i droni a inquadrare la folla e la spettacolare cornice, i tre cantautori sono tornati a respirare la polvere dello stesso palco e a spalleggiarsi in quella che, a più riprese, loro stessi hanno definito “una buona idea” ma anche “un azzardo folle”. Il concerto-evento è arrivato in coda ad anni di esperienze e di avventure, che dalla Capitale hanno attraversato le strade del mondo. Per celebrare i dieci anni de “Il padrone della festa”, il joint album nato dopo un viaggio condiviso in Sud Sudan, gli artisti hanno deciso di lanciarsi “senza paracadute”. “Siamo meravigliosamente anacronistici”, hanno scandito sorridendo. Alle 21.00, quando ancora si intravedevano le tracce del bagliore del giorno, i maxi-schermi posti al lato del palco si sono accesi e le immagini dal gusto “on the road” e provenienti dal Centro-Est dell'Africa hanno fatto immergere il pubblico nell'atmosfera desiderata da chi, quella terra, l'ha toccata davvero. Poi, al primo accenno di sera, un albero nodoso è diventato il re della scena e ha dominato il quadro che faceva da sfondo allo show. Imbracciando la chitarra e con look casual, i tre hanno fatto irruzione sul palco e intonato “Come mi pare”, un inno alla libertà e all'improvvisazione. Che nella vita, va rammentato, non guastano mai. Da lì, infatti, lo spettacolo è stato costruito su un gioco raffinato di musica, poesia e ironia. “Ti trovo ispiratissimo”, ha detto Fabi a Silvestri, che tra un pezzo e l'altro ha inserito annunci da presentatore in frac. “Ma che c'ha?”, hanno scherzato ancora all'ennesimo gioco di parole. Il concerto è stato un susseguirsi di brani presi dal disco che ha cementato la loro collaborazione e pezzi amatissimi pescati dai repertori di tutti e tre. “Il padrone della festa”, “Life is sweet”, “L'amore non esiste”, certo. Ma anche “Il solito sesso”, “Costruire”, “Testardo” e tutte quelle canzoni che hanno contribuito a scrivere una pagina della storia del cantautorato capitolino. Il momento più toccante, in cui Roma per qualche minuto si è smaterializzata, è stato raggiunto con l'esecuzione di “Facciamo finta”, quella delicata somma di note e parole che Niccolò ha dedicato alla figlia (scomparsa nel 2010). “Facciamo finta che io torno a casa la sera. E tu ci sei ancora sul nostro divano blu”, ha sussurrato al microfono a mo' di tenera ninna nanna. La commozione, dell'artista e dei suoi compagni, è stata tangibile. Qualcuno ha persino immaginato la piccola Olivia giocare con i capelli riccioluti del padre e accarezzare la vita tra le dita. Pop la presenza di Daniele, che ha dato ritmo alla serata tra colpi di battute e confessioni schiette: “'Sta cosa oggi è gigantesca, ma quando abbiamo iniziato sembrava parecchio più piccola”. Asciutto e con una sensibilità presente Max, che così ha festeggiato il suo 57esimo compleanno. Non sono mancate prove di humour. Vecchie foto e scatti modificati, con sbavature da “tracollo” e “doppi menti”, hanno fatto abbandonare i presenti a risate di cuore. Un omaggio a Gigi Proietti, che della Capitale ha narrato l'anima. “Chissà come l'avrebbe fatta se avessi avuto il coraggio di proporgliela”, ha ammesso Silvestri prima di “Testardo”. E ancora. La gag con Lillo, che è apparso sui ledwall nello spioncino di un'immaginaria porta prima di “Sotto casa”. Presente in video anche Paola Cortellesi, che come colonna sonora di “C'è ancora domani” (il suo primo film da regista che ha registrato incassi record) ha scelto “A bocca chiusa” di Silvestri. Una festa riuscita, insomma, che per tre ore piene ha stregato la città. “Ritrovarsi insieme dopo 10 anni è stato semplicissimo proprio perché i tratti caratteriali che ci contraddistinguono sono perfettamente compatibili. Abbiamo una grande consapevolezza della nostra identità e questo fa sì che non ci sia alcun bisogno di espanderla: nessuno invade mai lo spazio di palcoscenico dell'altro”, hanno raccontato. "L'oro si aspetta", hanno ripetuto in "Il negozio dell'antiquariato". E, all'indomani del “dì di festa”, chi c'era fa i conti con nostalgia di leopardiana reminiscenza e mal d'Africa.
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