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Garlasco, dietro la scia di suicidi la verità su Chiara Poggi
Oggi 14-05-25, 08:32
La scia degli strani suicidi di Garlasco e quel filo rosso con la nuova inchiesta sul delitto di Chiara Poggi. C'è anche la pista delle morti sospette nelle indagini che vedono coinvolto Andrea Sempio per l'omicidio della 26enne, trovata cadavere nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007. Perché tra quei decessi che hanno sconvolto Garlasco e che ancora oggi sono avvolti nell'ombra c'è pure il suicidio di Corrado Cavallini, all'epoca 46 anni, medico di base della cittadina, trovato cadavere nella sua casa di Vigevano il 24 marzo 2012. Cavallini era il dottore della mutua dei Sempio, ma era anche il medico che aveva in cura Giovanni Ferri, il meccanico 88enne in pensione che il 23 novembre 2010 fu trovato «suicidato», con la gola e i polsi tagliati ma senza una lama nelle vicinanze, in uno spazio angusto di soli 50 centimetri in via Mulino. La fine misteriosa dell'anziano, catalogata come gesto volontario dagli stessi inquirenti che indagarono sul delitto di Garlasco, allora venne sottovalutata, nonostante la moglie del pensionato avesse escluso la possibilità che il marito si fosse tolto la vita. Questa pista, adesso, è stata approfondita. E ha portato alla luce una serie di suicidi controversi, tra cui quelli dei giovanissimi che frequentavano il Santuario della Madonna della Bozzola, uno dei quali era amico d'infanzia di Sempio, impiccatosi nel 2016 con un nodo scorsoio difficile da eseguire. Ma quello che al momento potrebbe svelare profili investigativi collegati direttamente al delitto di Chiara è proprio quello di Cavallini, perché pare legato a doppio filo alla fine dell'anziano sgozzato. Ferri, che abitava vicino a casa di Sempio e di fronte alla discoteca Le Rotonde dove i ragazzi andavano pure in piscina, dopo le 10 del 13 agosto 2007 si trovava, come ogni giorno, ai tavolini esterni del bar Jolly per fare colazione. E in quel frangente avrebbe visto qualcosa di particolare, che avrebbe rivelato soltanto alla moglie. L'anziano non disse mai una parola a nessuno, anche perché nel clima di omertà di Garlasco più di qualcuno, per paura, ha taciuto un segreto inconfessabile. E qualcun altro che ha provato a testimoniare è stato marchiato come un mitomane. È il caso di Marco Muschitta, il tecnico del gas che aveva raccontato di aver visto, tra le 9.30 e le 10 nei pressi di via Pascoli, «una bicicletta che andava a zig zag», condotta da «una ragazza bionda con i capelli a caschetto che indossava scarpe bianche e con stella blu e un pantalone lungo», la quale «aveva nella mano destra un piedistallo tipo da camino-canna da fucile con in testa una pigna». Muschitta ritrattò subito, ma finì a processo per aver calunniato la ragazza. Una richiesta di rinvio a giudizio formulata poco prima che Ferri venisse trovato cadavere, lasciando per sempre sua moglie da sola, disabile e malata. A fornire puntualmente assistenza sanitaria in casa alla vedova, nei due anni successivi, il medico di base Cavallini, che, secondo indiscrezioni, potrebbe aver raccolto lo sfogo dell'anziana. Cavallini, che riceveva i pazienti nello studio di via Matteotti, a poche centinaia di metri dall'anfratto in cui morì Ferri, nelle settimane antecedenti alla morte diceva in giro di essere un po' stanco. Nessuno, però, poteva immaginare che si sarebbe ucciso iniettandosi una sostanza letale nelle vene.
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