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Giorgia Elly: 10-6. E fanno pure festa
Oggi 25-11-25, 07:26
Come quel processo mentale che permette di scegliere cosa ricordare. Si chiama memoria selettiva, il disturbo di cui soffre il Pd. Poi certo, le giustificazioni possono essere tante. Una su tutte: l'entusiasmo per le vittorie, in Campania e Puglia, può dare alla testa e contribuire alla rimozione del passato recente. Così è ancora una volta lei, la generosa segretaria del Pd a gettare il cuore oltre l'ostacolo: «Uniti si stravince, la partita delle politiche è apertissima». Una vera e propria perdita di memoria: la contesa elettorale nel 2025 è finita con tre regioni al centrodestra (Veneto, Calabria, Marche) e altrettante al campo largo (Campania, Puglia e Toscana). Un pareggio che potrebbe essere letto anche come una sconfitta su misura, se si tenesse conto della Valle d'Aosta, dove nella nuova maggioranza dell'Union Valdôtaine è uscito il Pd per far posto a Forza Italia. Se si prende come unità di misura l'insediamento di Elly Schlein al Nazareno (febbraio del 2023), il bilancio invece è ben più negativo: 10 regioni (Friuli Venezia Giulia, Molise, Trento, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria, più le ultime tre) alla maggioranza di governo e 6 (Sardegna, Umbria ed Emilia Romagna, più le ultime tre) alla sinistra. Un dato che non contempla altre due regioni vinte dal centrodestra, una settimana prima delle primarie dem: Lazio e Lombardia. Una carrellata di insuccessi che conserva passaggi significativi, come le liti feroci e le divisioni in Basilicata e Molise. Oil quasi gol in Liguria: il governatore Giovanni Toti finisce ai domiciliari e Andrea Orlando convoca la piazza a Genova, con il tintinnar di manette, «Vinceremo le elezioni». Finì con l'incoronazione a governatore di Marco Bucci. La voglia di rivalsa si riaffaccia in estate, alla vigilia del voto nelle Marche. Elly Schlein si inventa l'Ohio dalle parti di Ancona: «È la Regione determinante, Giorgia ti raggiungiamo». Poi l'avviso di garanzia al candidato Matteo Ricci, la freddezza di Giuseppe Conte: non che sia andata benissimo. Meglio archiviare in fretta. L'ingrato compito di riportare la sinistra alla realtà se lo assume il responsabile organizzativo di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli: «Non c'è stato lo scossone e la spallata che tutte le volte il campo largo evoca». I problemi sul tappeto restano tanti: a partire dal successo di Roberto Fico in Campania che legittima le aspirazioni di Giuseppe Conte, insomma ci vedremo ai gazebo. Poi si affaccia una nuova divisione sulla legge elettorale: il M5S vuole cambiarla, il Pd si arrocca sull'esistente. Almeno per una notte, però, a sinistra si canta: «scurdiammoce 'o passato»
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