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"Grillo non usa il suo potere? 300mila buone ragioni": ritorno al veleno di Giggino
26-08-2024, 07:36
Mentre Grillo e Conte se le danno di santa ragione, guarda caso, se la ride un tale Luigi Di Maio. L'ex ministro degli Esteri, dopo un silenzio durato mesi, nel periodo più difficile per i pentastellati, rispunta nell'arena politica e punta il dito contro quegli amici, che dopo il suo abbandono, gliene hanno dette di cotte e di crude. Addirittura è stato accusato di essersi venduto ai banchieri europei, vedi sostegno a Draghi, in cambio di una poltrona tra i ricconi del Medio Oriente. Giggino, stavolta, però è stanco di incassare. Passa al contrattacco e spiega come a essere legato a quelli che, in Sicilia, vengono chiamati “piccioli” sia quel fondatore chiamato Grillo: «Perché – dichiara all'agenzia Adnkronos – non intende esercitare fino in fondo le sue prerogative di garante? Sembra che abbia smarrito il suo coraggio. E forse le ragioni sono 300mila... In pochi mesi Conte gli porterà via anche l'argenteria. E poi gli cancellerà il contratto di consulenza. Triste direi». Secondo l'ex capo politico, la causa principale della rottura non sarebbero i capisaldi, che il nuovo vertice vorrebbe mettere in discussione, ma piuttosto le super-consulenze, di cui l'Elevato non intende fare a meno. Allo stesso modo, però, è convinto che qualora dovessero superate le ragioni economiche della contesa, il fondatore avrebbe tutte le carte in regola per spuntarla. «Conte – ribadisce – deve solo assicurarsi che nessuno utilizzi il logo a 5 Stelle contro di lui nelle future campagne elettorali. Già durante lo scontro Grillo-Conte del 2021 alcuni sondaggisti dissero a Conte se cambi il simbolo puoi anche prendere più voti, ma devi assicurarti che nessuno competa contro di te con quello vecchio». Motivo per cui il legale di Volturara Appula vorrebbe cambiare quanto prima un logo, che ha portato un movimento di quattro gatti a Palazzo Chigi. Giuseppì, invece, sa di avere dalla sua tutti gli eletti e gran parte degli iscritti, a prescindere dall'abito che indossa. «Grillo – ricorda Di Maio – non lo segue più nessuno». A scoprire le carte, in tal senso, è un big come Stefano Patuanelli. Il capogruppo al Senato, sulle colonne del quotidiano «La Stampa», evidenzia come all'interno dell'Assemblea i ribelli della prima ora non sono in partita. Verità di cui è consapevole pure l'esperto comico. Questa, d'altronde, è la ratio per cui intende bruciare le tappe e fermare sul nascere la votazione. Sa bene che ha più possibilità di spuntarla nei tribunali che su una piattaforma di yesman, fedelissimi al capo del momento. La regola del doppio mandato, poi, affascina e non poco quegli onorevoli che hanno come unica priorità la salvaguardia della poltrona. Finanche Giggino da Pomigliano è d'accordo sull'eliminazione del vecchio caposaldo: «Penso, da tempo, che vada superato. È l'unico modo per assicurare pluralità al M5S contro l'attuale verticismo. Consentirebbe a persone di esperienza, se gli elettori vorranno, di tornare nelle istituzioni». Considera non appropriate, invece, le strane minacce di Conte a Grillo e soprattutto la segreta clausola, secondo la quale il notaio Colucci, è straconvinto che Grillo non può ricorrere alle carte bollate. «Un Movimento – conclude l'ex numero uno dei gialli – che fa della trasparenza il suo motto numero uno, dovrebbe pubblicare tutti gli atti sul suo sito internet. Oppure questo documento è valido solo finché è riservato?».
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