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Hiroshima '45. E dopo 80 anni la bomba atomica fa di nuovo paura
Oggi 06-08-25, 10:32
Il 16 luglio del 1945, qualcuno avvertì il presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman che «Baby is born». Era il messaggio in codice usato per informare il Commander in Chief del successo del test della prima bomba atomica fatta esplodere nel poligono di Alamogordo, nel New Mexico. Meno di un mese dopo, il 6 agosto 1945, una bomba simile, soprannominata «Little Boy» (che vuol dire ragazzino), fu sganciata su Hiroshima, seguita il 9 agosto da "Fat Man" (che vuol dire grassone) vomitata sulla città di Nagasaki. Risultato: a Hiroshima, tra le 70 e 80.000 persone andarono al Creatore senza neanche accorgersene, mentre a Nagasaki, le vittime immediate furono circa 40.000. Curiosa abitudine, quella degli americani di battezzare con nomignoli scherzosi micidiali ordigni di morte. Forse ha ragione Franco Fornari che nel suo libro Psicoanalisi della guerra scrive: «La verità è che l'esperienza clinica insegna che quando una realtà distruttiva viene coperta da simboli d'amore, esiste la possibilità che ciò costituisca una operazione destinata a coprire profonde angosce depressive o persecutive». Si è discusso a lungo e a lungo si discuterà sulla convenienza strategico militare del bombardamento delle due città nipponiche. C'è chi sostiene che i giapponesi non avessero punto intenzione di arrendersi. Chi, al contrario crede che si trattò di una esibizione muscolare brutale nei confronti dell'Urss (si era già in piena Guerra Fredda) posto che al Sol Levante premeva soltanto una pace la più onorevole possibile. Come che sia, al prezzo di oltre 200 mila morti e quasi altrettanti feriti e di una distruzione e contaminazione a tempo indeterminato, arrivarono la resa del Giappone e la fine del catastrofico secondo conflitto mondiale. La bomba atomica rappresentò la fine del lato se vogliamo eroico della guerra, l'aspetto omerico del conflitto. L'apocalisse nucleare polverizzò l'epos militare, l'ardimento, l'audacia indomita del singolo o dei pochi che si esprime attraverso atti di coraggio, forza, lealtà e sacrificio. A seminare distruzione e orrore su un Giappone ormai piegato e piagato furono aerei che viaggiavano ad altezze siderali, con i piloti ignari delle conseguenze dei propri gesti. Meglio a questo punto i duelli aerei di Francesco Baracca o del Barone Rosso durante la Prima Guerra mondiale consumati nel segno del gesto cavalleresco, della generosità e della lealtà verso il nemico. A 80 anni dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, il Giappone si prepara alla commemorazione di una "catastrofe immane che non può e non deve essere dimenticata dalle nuove generazioni, per non trovarci a combattere in un altro conflitto", come ha sottolineato il premier nipponico, Shigeru Ishiba. Pur condite dell'auspicio di una pace duratura, le parole di Ishiba sembrano tuttavia anticipare il presagio di una nuova era, che vede l'avvicendarsi di molteplici ostilità a livello globale, e la mai sopita animosità tra le due maggiori potenze nucleari, Russia e Stati Uniti, in un mondo ancora diviso in blocchi e fazioni, nonostante le tragiche lezioni della storia. È notizia di questi giorni la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump di inviare due sottomarini nucleari della Marina americana “più vicini alla Russia”, 'operazione concepita in risposta alle minacce di Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russoil quale, Il 28 luglio scorso, si è avventurato in una pericolosissima schermaglia con il senatore statunitense Lindsey Graham, fautore quest'ultimo di un severo inasprimento dell'embargo commerciale e tecnologico contro la Russia. Il falco russo, sulla piattaforma X, aveva definito un «passo verso la guerra» russo-statunitense quelle minacce e l'ultimatum di Trump al Cremlino di porre fine ai combattimenti in Ucraina entro il prossimo 8 agosto. A stretto giro Putin ha annunciato che presto schiererà missili ipersonici in Bielorussia, C'era da aspettarselo. Ora, anche un bambino sa che una Quarta Guerra, che abbia respiro globale o regionale fa poca differenza, significherebbe la disintegrazione della terra e lo sterminio dei suoi distratti abitanti siccome nel globo sono presenti (dicono gli esperti e quanti cercano di disarmare il pianeta da questa prospettiva senza ritorno), almeno 12.500 bombe atomiche, di cui 2.000 pronte per ogni evenienza (della forza persuasiva dei trattati di proibizione e di non proliferazione nucleari targati Onu è lecito dubitare). E allora, se così stanno le cose, non resta che sperare che le schermaglie tra Usa e Russia altro non siano che una spirale, pur perversa, di canto e controcanto guerresco e che gli attori di questa trucibalda esibizione muscolare ascoltino le parole di papa Leone XIV il quale ha più volte ricordato che la pace si costruisce attraverso il dialogo, la giustizia, la fraternità e il bene comune, e non con la corsa agli armamenti e la demonizzazione del nemico. A Benedetto XV, il pontefice che definii il primo conflitto mondiale 'inutile strage” non diedero retta. Speriamo vada meglio al suo successore americano.
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