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Il campanello d'allarme di Monfalcone
Oggi 16-04-25, 08:42
Il 3% raccolto dalla lista islamica a Monfalcone non è un segnale di rassicurazione. È, semmai, un campanello d'allarme. Un dato che può apparire marginale, ma che contiene in sé una domanda politica profonda: perché una parte della comunità cittadina sceglie di organizzarsi su base religiosa, rifiutando i canali della rappresentanza democratica tradizionale? La risposta c'è ed è anche semplice: quel voto è chiaramente di protesta, di opposizione alla linea di condotta dell'amministrazione uscente (e di quella entrante), di rigetto di un'impostazione amministrativa ispirata al corretto principio secondo cui in un comune italiano valgono le leggi italiane, i costumi italiani, le tradizioni italiane. Questo significa che non c'è spazio per altri modi d'intendere la vita? Certo che no, ma al tempo stesso vi sono limiti invalicabili, che si chiamano rispetto pieno dell'autonomia della donna, totale adesione alle leggi vigenti in materia di luoghi di culto, accettazione piena della supremazia indiscutibile dell'ordimento nazionale (penso alle norme di pubblica sicurezza, ad esempio in materia di occultamento del volto nei luoghi pubblici o nel corso di manifestazioni). Non basta dire “sono pochi” per archiviare il caso. La storia politica, anche quella recente, è piena di movimenti nati con percentuali basse e arrivati molto lontano. Chi oggi minimizza il 3% dovrebbe ricordare che anche le fratture sociali iniziano spesso con un voto simbolico, che poi diventa consenso, potere, influenza. Le anime belle dell'integrazione facile farebbero bene a tenere a mente questa lezione. Nel frattempo, a Monfalcone, il segnale che arriva dalle urne è doppio. Da una parte il clamoroso successo del centrodestra e della linea della fermezza, incarnata ora dal nuovo sindaco Luca Fasan, in continuità con la precedente amministrazione. Dall'altra, il tracollo della sinistra, che pure poteva contare sul sostegno di molti cittadini italiani ma di origine straniera. E invece niente: bocciata senza appello. È un fatto politico pesante. Perché dimostra che quel modello di integrazione buonista, fluido, privo di limiti e responsabilità reciproche, non convince neanche chi avrebbe tutto l'interesse a sostenerlo. Nemmeno chi, almeno sulla carta, dovrebbe sentirsi rappresentato. Monfalcone non è un episodio isolato, è un laboratorio. E i numeri vanno guardati per quello che indicano, non per quello che fanno comodo. Gli studenti nelle scuole sono per la maggior parte figli di immigrati. Il welfare è assorbito in larga misura da famiglie straniere. La frattura sociale è reale, evidente, quotidiana. E non scompare perché una lista prende poco. La verità è semplice e scomoda: quando una comunità comincia a pensarsi come corpo separato, e si organizza politicamente in base a questo, vuol dire che la convivenza è già in discussione. E se la politica non affronta il tema con serietà — né con paura né con ideologia — quel 3% sarà solo l'inizio.
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