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Il futuro di Amedeo Minghi: "Una commedia musicale in romanesco"
09-04-2025, 20:46
Dalle notti passate con Vittorio Sgarbi al centro di Roma al progetto di commedia musicale in dialetto romanesco. Amedeo Minghi è un vulcano di idee ed è venuto a presentarle nell'edicola degli artisti de Il Tempo dove ha parlato del suo nuovo album «Anima sbiadita» e del concerto che terrà al Teatro Sistina il prossimo 28 aprile. Amedeo Minghi, qui siamo al centro di Roma e lei è romano. Che ricordi ha di questa piazza? «Mi tornano in mente le notti passate con Vittorio Sgarbi, quando lui abitava a piazza Navona. Alle 3 di notte venivamo qui a comprare il giornale fresco di stampa. Con l'inchiostro ci sporcavamo i polpastrelli delle dita. La Roma da cui vengo io era molto piccola. Il centro si viveva intensamente. Anche le zone che oggi sono del potere per noi erano Roma e basta». Il suo debutto fu nel lontano 1966. Com'è cambiata la musica in questi 60 anni? «Profondamente e in modo repentino. È un trauma che ci portiamo dietro. Ma è normale che sia così. Anche negli anni '60 i Beatles hanno cambiato completamente il rapporto con la musica e con la vita. Ci siamo vestiti come loro, pensato e suonato come loro. Anche nel 2030 non poteva essere come 30 anni fa». A quale trauma fa riferimento? «C'è stato un cambio repentino tra la canzone d'autore e il nuovo modo di fare musica appariscente. Ha meno contenuto ma è più coinvolgente. Ti prende e ti fa ballare. Pensare che ci sono dei ragazzi che non hanno gavetta alle spalle ma riempiono gli stadi. Per poi tornare dallo psicanalista perché si sono resi conto che quello che sta accadendo è troppo per loro. Tutto questo mi spaventa. Oltre che papà di due donne, sono anche nonno di nipoti e mi chiedo cosa accadrà tra 20 anni». Perché ha intitolato il nuovo album «Anima sbiadita»? «Perché è il mondo a essere sbiadito. Lo vediamo ogni giorno. È tutto difficile, i contorni sono confusi come se all'orizzonte ci fosse una nebbia. Ogni giorno cambia tutto improvvisamente. Ci sono capi di Stato che non lo sono più, nazioni che hanno sconvolto le loro regole. È un grande subbuglio. Non so cosa accadrà in futuro ma stiamo vivendo un cambiamento enorme che, in queste dimensioni, non è mai avvenuto nella storia dell'umanità». C'è un verso di «Anima Sbiadita» che recita: «Non crederò mai più a niente». A cosa si riferisce? «Oggi credere nelle cose è molto difficile. Io, per esempio, non so più capire da che parte stanno certi personaggi. Che cosa sono la Russia, la Cina, l'America? Dove stiamo andando? Quello che era il democratico ora non lo è più. Lo cantava anche Giorgio Gaber che è la guida spirituale di tutti noi cantautori». Il prossimo 28 aprile sarà in concerto al Teatro Sistina di Roma. Che concerto ha preparato per il suo pubblico? «Il primo tempo sarà dedicato alle canzoni di Anima Sbiadita che io racconto e spiego quindi lo guarderemo molto da vicino. Poi, però, mi riscatto nel secondo tempo dove ci saranno "L'immenso", "1950", "La vita mia", "Vattene amore", "I ricordi del cuore", "Cantare d'amore", "Decenni" e "Un uomo venuto da lontano". Insomma tutte le grandi hit». Quali emozioni le dà cantare quelle canzoni ancora oggi? «Sono sempre sorpreso quando in teatro vedo 1.500 persone che si alzano in piedi e cantano con me. Ci sono canzoni che sono di ieri e altre che hanno più di 40 anni ma stanno ugualmente bene una accanto l'altra. Evidentemente c'è una coerenza di intenti». C'è un progetto artistico che non è ancora riuscito a realizzare? «Proprio in questi giorni mi hanno proposto una commedia musicale in romanesco. Negli anni '70 ho avuto la fortuna di collaborare con Franco Califano con cui ho scritto canzoni bellissime in romanesco. Una su tutte "Fijo mio" che fu il brano con cui Franco cominciò a cantare. Quindi ho un passato importante nella canzone romanesca. Poi ci sono stati anche i Vianella. Insomma la cosa mi solletica al punto che ci sto pensando seriamente. Mi piacerebbe davvero potermi dedicare alla commedia musicale».
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