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Il Pride dell'odio: leader a testa in giù, bandiere palestinesi e Pd in prima fila
Oggi 15-06-25, 07:39
Il Partito democratico sfila in prima fila al Pride di Roma. Tra Laura Boldrini e Roberto Gualtieri c'è anche Alessandro Zan, riapparso dopo la "fuga" a Washington proprio mentre in Italia si votava per il referendum flop di Landini. Ed è proprio l'eurodeputato paladino dei diritti gay a spiegare cosa sta accadendo: «Questo è un Pride sempre più politico perché c'è una destra, da Trump a Orban fino al governo di Giorgia Meloni, che ha come bersaglio preferito proprio le persone Lgbtqia+». Detto fatto, ecco lì accanto un carro che mostra questa politicizzazione, come la chiama Zan: Donald Trump, Elon Musk, Benjamin Netanyahu e J.K. Rowling a testa in giù. D'altronde, i fascisti facevano quella fine. Poco lontano il simbolo di questo corteo romano: la riproduzione di un grande missile israeliano cavalcato dalla madrina della manifestazione, una Rose Villain scatenata che sventola la bandiera palestinese. E un gigantesco striscione che recita: «Free Palestine, condanniamo il genocidio e i suoi sponsor». Gli sponsor sarebbero proprio quei leader appesi al contrario, tra cui si è ritrovata anche l'autrice di Harry Potter rea di aver brindato a una sentenza della Suprema corte britannica che ha negato lo status di donne ai trans. Dura la reazione della Lega: «Esporre sagome a testa in giù di Netanyahu, Trump, Musk, J.K. Rowling come successo durante il Roma Pride è un'azione disgustosa, violenta e codarda: molto facile prendersela con politici, imprenditori o scrittori del mondo libero piuttosto che con i tagliagole islamici o con i terroristi di Hamas. Come è molto facile scendere in piazza per rivendicare l'orgoglio omosessuale a Roma, anziché in qualche Paese musulmano compresa la Palestina tanto di moda nei cortei arcobaleno». In questo scenario non poteva non saltare all'occhio il carro della comunità Lgbt ebraica del Keshet Europe con la scritta in inglese «smettere di costringere gli omosessuali e gli ebrei a essere invisibili». Nessuno probabilmente ha informato gli organizzatori del Pride filo Gaza che Israele è l'unico Paese e democrazia in Medio Oriente dove i gay sono liberi di dichiararsi tali. Ma poco importa. Alle 17, però, la stragrande maggioranza dei carri mette in scena un flash mob, chiedendo di spegnere la musica per cinque minuti e alzare bandiere e simboli palestinesi, in onore delle vittime civili di Gaza. Il carro ebraico, pur se invitato a partecipare all'azione simbolica, si rifiuta. Diversi manifestanti allora sventolano le bandiere palestinesi per protesta e urlano la propria indignazione nei confronti della comunità ebraica, che dal proprio carro rivendica la decisione chiedendo di alzare bandiere della pace e non di parte. «Sputano addosso alle vittime palestinesi», è il commento del carro Gender Queers, organizzatore del flash mob. Rose Villain canta la sua «Fuorilegge», inno del Pride, e chiede a tutti di tenersi per mano, «perché tentano di diffondere odio ma noi con l'amore li fotteremo tutti». Come si concili questo amore con i politici a testa in giù non è dato saperlo. Tra i carri c'è anche quello di +Europa, "guidato" dal segretario Riccardo Magi, il quale tiene in mano una foto di Meloni truccata con fard e rossetto e la scritta sessista «Amica dei Dicktators», dove la parola «Dick» («cazzo», in italiano) è evidenziata in giallo. Tanto che FdI parla di «odio e volgarità dall'opposizione». Come detto, la delegazione più nutrita è quella del Pd. Oltre a Zane Boldrini ci sono anche la fedelissima di Schlein, Marta Bonafoni, e Matteo Orfini. Per Avs non può mancare Nicola Fratoianni. Vicino a Gualtieri, in veste di sindaco, c'è Vladimir Luxuria che evoca il pericolo fascista. Il sindaco di Roma pare non essersi accorto di nulla, né della tensione con la comunità ebraica né dei manichini a testa in giù. Tanto che parla di «Pride bello ed emozionante. Una giornata di grande calore e di sentimento della comunità Lgbtqia+. C'è tanta città tutta insieme: Roma grande città dei diritti, ma il Pride è anche un momento di battaglia».
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