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Il rabbino Weisz contro Leone XIV per le parole su Gaza
11-08-2025, 11:12
L'escalation in Medio Oriente continua a complicare il dialogo ebraico-cattolico. L'ultimo intoppo in ordine cronologico arriva con la lettera che il rabbino Eliezer Simcha Weisz, membro del Consiglio interreligioso del Gran rabbinato di Israele, ha scritto a Leone XIV per lamentarsi delle parole pronunciate al termine del Giubileo dei giovani. A Tor Vergata il Papa aveva detto: «Siamo con i giovani di Gaza, siamo con i giovani dell'Ucraina». Ma l'accostamento non è piaciuto a Weisz che ha preso carta e penna ed ha rinfacciato al Pontefice che «nominando Gaza e Ucraina nello stesso respiro - senza tracciare una distinzione morale e senza alcun riferimento agli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas- molti nel mondo ebraico hanno percepito una dolorosa equivalenza che ci ha profondamente ferito». «Non dobbiamo mai permettere - si legge nella lettera - che la compassione per un popolo avvenga a scapito della giustizia per un altro: tutta la sofferenza merita preghiera, ma non tutta la sofferenza è causata dalle stesse mani, nè tutti i conflitti vanno descritti negli stessi termini». È il primo incidente di questo tipo per Prevost che anche prima dell'elezione al soglio di Pietro non aveva fatto alcuna dichiarazione pubblica su conflitto israelo-palestinese. Lo scorso 11 maggio, nel suo prima Regina Caeli, il nuovo Papa aveva parlato della situazione della Striscia invocando l'arrivo di aiuti umanitari per la popolazione stremata ma chiedendo anche la liberazione di tutti gli ostaggi. Toni e contenuti equilibrati che sembravano poter aiutare a ricucire lo strappo con Israele provocato da alcune uscite del suo predecessore. A Francesco, infatti, non erano stati perdonati l'uso della parola «genocidio» per la situazione a Gaza, la presenza di una kefiah nel presepe in Vaticano e l'udienza ai familiari delle vittime del 7 ottobre concessa soltanto insieme ad un gruppo di parenti di prigionieri palestinesi. Negli ultimi tempi del pontificato bergogliano i rapporti diplomatici tra Santa Sede e Israele sono arrivati ai minimi termini e con essi anche il dialogo ebraico-cattolico ne ha risentito. Prima della lettera a Leone, lo scorso gennaio il rabbino Weisz aveva scritto una missiva durissima anche a Bergoglio sostenendo che «le sue parole e azioni nei confronti dello Stato di Israele» non fossero «solo deludenti» ma tali da rappresentare «un pericolo storico». Il leader religioso si era spinto a dire che «la Chiesa cattolica è diventata un megafono globale per coloro che usano l'antisemitismo come arma con il pretesto di sostenere gli oppressi». L'elezione di Leone sembrava poter archiviare la stagione più difficile e non c'è dubbio che un riavvicinamento stia anche nelle intenzioni di un Pontefice che ama l'unità. Tuttavia il raid israeliano alla parrocchia della Sacra Famiglia ha inevitabilmente reso più complicato il lavoro di Prevost. Intanto nell'Angelus di ieri il Papa ha invitato a pregare per la fine delle guerre ma questa volta non ha menzionato Gaza.
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