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Il Tar vuole togliere Sanremo alla Rai. Aragozzini: “Ostilità verso la tv pubblica”
06-12-2024, 11:08
Il Festival di Sanremo, legato tradizionalmente alla Rai, potrebbe cambiare rete dal 2026. L'ipotesi fantascientifica nasce dal ricorso presentato dalla JE, associazione impegnata nella produzione e realizzazione di eventi e opere musicali. Nel 2021 il Comune di Sanremo aveva attivato una convenzione per affidare alla Rai i diritti in esclusiva per la realizzazione delle edizioni 2022-2023. Sempre nel 2023 la JE aveva manifestato interesse per l'acquisto dei diritti del Festival, con l'intento di procedere anche all'acquisto del marchio. In tempo rispetto alla scadenza, il Comune ha concesso il via a una delibera per l'affidamento alla tv pubblica, senza alcuna gara. E JE ha pensato bene di fare ricorso. Ricorso in parte accolto dal Tar della Liguria, stabilendo che il Comune di Sanremo non possa più affidare l'organizzazione del Festival direttamente alla Rai. La questione è in realtà una battaglia storica di Striscia la Notizia. Il tg di Antonio Ricci ha infatti puntualizzato che «Già nell'ottobre 2022 l'inviato Pinuccio aveva intervistato il sindaco di allora, Alberto Biancheri, che a Striscia aveva dichiarato che se fosse arrivata una proposta più alta di quella della Rai, avrebbe fatto sicuramente delle valutazioni». Pinuccio, al secolo Alessio Giannone, dichiara: «La sentenza del Tar ribadisce l'esigenza e la necessità di fare un bando per il Festival di Sanremo, perché è una cosa pubblica e il format non è esclusivo». E aggiunge, promettendo di tornare sul tema con nuove rivelazioni: «Deve andare a bando e possono partecipare tutte le emittenti, fatto salvo quello di quest'anno, perché non ci sono i tempi tecnici». L'ufficio stampa Rai ha così risposto: «I Giudici amministrativi hanno confermato l'efficacia della convenzione stipulata tra Raie il Comune di Sanremo per l'edizione 2025, nonché la titolarità in capo a Rai del format televisivo da anni adottato per l'organizzazione del Festival. Il Tar Liguria ha giudicato irregolari soltanto le delibere con le quali il Comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo a Rai il marchio 'Festival della Canzone Italiana, nonché alcuni servizi ancillari erogati in occasione dell'organizzazione del Festival stesso. Dunque, nessun rischio che la manifestazione canora, nella sua veste attuale, possa essere organizzata da terzi». Abbiamo poi chiesto un parere in materia al produttore discografico Adriano Aragozzini, storico organizzatore dei Festival di Sanremo dal 1989 al 1991 e produttore esecutivo, nonché per vent'anni iscritto all'Afi. Colui che fra le altre cose ripristinò l'esecuzione interamente dal vivo dei brani in gara. «In primo luogo mi domando il motivo di questo ricorso della Je, alla quale sono stato iscritto per vent'anni. Devono esservi delle ostilità particolari contro la Rai, non trovo altra spiegazione plausibile. In primo luogo, indipendentemente dalla sentenza, sulle sorti della manifestazione chi decide in ultima analisi sono la Rai e il Comune di Sanremo. E in secondo luogo, se – ipotesi assurda – si dovesse andare a gara sarebbe sempre la Rai a vincere poiché solo la Tv pubblica è dotata dei mezzi necessari a organizzare la kermesse. «Sempre alla Rai–conclude Aragozzini – chiederei però di rispolverare il titolo integrale della manifestazione, ovvero "Festival della canzone italiana di Sanremo", perché negli ultimi cast di Amadeus e di Carlo Conti figurano troppi rapper e trapper che con la canzone italiana non hanno niente a che vedere». Il caso potrebbe approdare in Vigilanza. Per i dem la questione «getta una forte ombra di incertezza su quello che rappresenta il più grande evento mediatico del servizio pubblico». E giudicano fondamentale che l'ad Rossi riferisca immediatamente.
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