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Jobs Act, contratti, Ponte: così vanno in Fumarola i piani di Landini
26-05-2025, 07:32
Maurizio Landini sogna di guidare il centrosinistra. La Cgil assomiglia sempre di più ad un partito politico. Ogni giorno detta la linea ad Elly Schlein e Giuseppe Conte con cui sfila regolarmente in corteo. Ma c'è qualcuno che rischia di fargli saltare in aria i piani. È Daniela Fumarola, eletta nel febbraio scorso segretaria generale della Cisl. Ormai i due principali sindacati italiani sono divisi su tutto ciò che conta. Ecco una breve carrellata dei due fronti contrapposti. Landini ripete continuamente: «Dobbiamo cancellare il Jobs Act con il referendum»; Fumarola è netta: «Sono quesiti antistorici, portano indietro nel tempo». La Cgil non firma il contratto degli statali: «Aumenti troppo risicati»; la Cisl li sottoscrive (era gennaio, Luigi Sbarra avrebbe passato il testimone alla collega pochi giorni dopo), Fumarola ha le idee chiare: «È pericoloso bloccare il rinnovo dei contratti». E ancora, Landini boccia ogni ipotesi di partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese: «Uccide la contrattazione». Fumarola invece è promotrice in parlamento proprio di quella legge, approvata in via definitiva dal Senato lo scorso 14 maggio: «È una vittoria, si scrive una pagina storica per il lavoro e la democrazia economica del nostro Paese». Per non parlare del Ponte sullo Stretto. Qui le dichiarazioni del segretario della Cgil si sprecano: «È uno specchietto per le allodole», «non è la priorità, parlarne significa dire bugie», «non è sicuro e non è affidabile», «solo uno spot elettorale». La collega alla guida della Cisl non è dello stesso avviso: «Non è il tempo di fare polemiche. Il Ponte sullo Stretto va fatto perché se è vero - come tutti diciamo che c'è bisogno di connettere la Sicilia alla Calabria e l'Italia all'Europa, bisogna creare le infrastrutture. Rimbocchiamoci le maniche e facciamo le cose». È il fronte del no contro quello del sì. Ma non è solo una questione di merito. Anche il metodo non li unisce. La «rivolta sociale» di Landini ormai ha fatto scuola. Il numero uno di Corso d'Italia assicura che non è un invito all'insurrezione, significa semplicemente «non girarsi dall'altra parte». Qualcuno, però, può fraintendere, come gli antagonisti e i ProPal che con cadenza settimanale assaltano la polizia o devastano le città da Torino a Milano fino a Roma. Tanto che Fumarola propone di percorrere un sentiero opposto: «No a battaglie di retroguardia». E, dopo un incontro a Palazzo Chigi sulla sicurezza sul lavoro, aggiunge una frase impensabile per Landini: «Le dichiarazioni di Meloni promettono bene, serve un'alleanza tra istituzioni e parti sociali». Perfino sui dazi di Trump i toni sono distanti. Il 10 aprile scorso, dopo un incontro tra governo e imprese, mentre Landini grida al «saccheggio dei fondi del Pnrr», Fumarola invita «a non buttarla in caciara, questo è il tempo della responsabilità». Insomma, ogni volta che il leader del sindacato rosso alza le barricate al dialogo, preferendo la piazza, la segretaria della Cisl lo riporta con i piedi per terra, invitandolo ad un approccio che lei stessa definisce «pragmatico», convinta che solo in questo modo si faccia l'interesse dei lavoratori. È evidente come questa distanza rischi di mandare in fumo i progetti di Landini. Il primo banco di prova è vicino, l'8 e il 9 giugno. I giorni del referendum, quattro i quesiti sul lavoro, il quinto quello sulla cittadinanza "veloce". Fumarola non ha dato indicazioni di voto, ma ha già fatto sapere che non si recherà all'urna, perché «è sbagliato guardare dallo specchietto retrovisore». La parola passa agli italiani.
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