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La Repubblica di Salà: il sindaco si barrica. Fiducia del Pd e il M5S lo molla
Oggi 21-07-25, 06:38
Altro che modello Milano, dalle parti del Pd nessuno lo rivendica. Il Sindaco? Un parente alla lontana, figlio di un'altra stagione, niente a che fare con noi. Piuttosto ci si chiede se sia meglio sbarcare il lunario fino al completamento del mandato o chiudere baracca e burattini, costi quel che costi. L'ora X scatta oggi alle 16,30, ansia e frenesia come ad una prima della Scala. È l'esatto momento in cui il primo cittadino prenderà la parola in Consiglio Comunale per difendersi e difendere la sua Giunta dall'inchiesta della procura. Probabilmente con le dimissioni dell'assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi già incassate, per «difendermi meglio», spiega il diretto interessato, dopo aver parlato con il suo avvocato. Nel Pd da giorni impazza il dibattito tra l'anima radicale, che ha sempre visto nel sindaco un “tecnocrate” freddo da cui è meglio liberarsi, e quella realista: «Se perdiamo per strada la giunta, addio Milano». Più che un gesto «affettuoso», un occhio di riguardo per Pierfrancesco Majorino, l'eterno aspirante, che da anni aspetta il suo turno. Un fedelissimo, «è il nostro uomo», giurano dalla federazione milanese, epicentro della tempesta. In più, c'è l'ultimatum sullo stadio: «Vado avanti solo se riesco a completare la vendita del Meazza (ad Inter e Milan), il mio partito si esprima», avverte Sala. A rendere ancora più incandescente la situazione, l'avviso di garanzia giunto all'ex assessore all'urbanistica (giunta Pisapia) Ada Lucia De Cesaris, comparsa nella lista delle 74 persone indagate dalla procura milanese. Il vertice che si è svolto ieri nel tardo pomeriggio tra il “borgomastro”ed i suoi “guardiani” (con a capo il segretario cittadino Alessandro Capelli) ribadisce il sostegno condizionato del partito, «può essere l'occasione per ripartire», dicono, prima certo adda a passà ‘a nuttata. In questo contesto, il canto delle sirene esercitato dal M5S, è musica per le orecchie dei pasdaran della gauche meneghina. Ripete a muso duro il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli: «Sala si dovrebbe dimettere, l'inchiesta faccia il suo corso». L'esca dei pentastellati è anche nella quasi contemporanea approvazione in seconda lettura in Senato (martedì) della separazione delle carriere dei magistrati. In pratica come fanno i “partner” a Milano a sostenere una maggioranza sotto torchio dei giudici? E a Roma con il campo largo contestare il guardasigilli, sibilano dalle parti di Giuseppe Conte. Esemplare per capire il posizionamento del Nazareno la Via Crucis del “Salva Milano”: la legge fu appoggiata dal gruppo parlamentare alla Camera e definitivamente stoppata dalla segretaria in Senato. A determinare la nuova posizione assunta a Palazzo Madama, un appello di urbanisti, il “magico” mondo di Elly, nessun ascolto verso le pressioni del sindaco. Per questo, la numero uno ora resta sulle spine, solidarietà all'amministrazione, ma «sull'urbanistica si cambi concretamente tutto»- Il ritorno del “ma anche” dei tempi passati come soluzione per togliersi dagli impicci. Un evergreen. A spingere sul completamento del mandato dell'ex manager resta la minoranza dem, i riformisti. Giorgio Gori precisa: «Dal M5S ogni volta rispuntano questi riflessi di populismo giudiziario, con il primo avviso di garanzia trattato come fosse una sentenza di condanna definitiva: inaccettabile». Contro la moral suasion degli ex grillini, il vicepresidente di Italia Viva Davide Faraone: «Non ci si può dimettere per un avviso di garanzia». E il Presidente del Partito Liberaldemocratico Andrea Marcucci aggiunge: «Beppe Sala vada avanti e completi il suo mandato per il bene di Milano». L'esponente della segreteria nazionale di Azione Osvaldo Napoli entra nel vivo della questione: «Il Pd ha scelto il "metodo Tafazzi": si fa del male per compiacere il promesso alleato Giuseppe Conte». Tanti temi si affollano in sole 24 ore: il sindaco avrà ancora una maggioranza? Il Pd andrà avanti o vincerà la linea dei quasi amici del M5S? Lui, il primo attore di Palazzo Marino, sarà disponibile ad arrivare a fine mandato con l'occhiuto controllo del Nazareno? A recitare uno spartito scritto dai suoi storici detrattori? In ogni caso, «Luci a San Siro non ne accenderanno più».
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