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La sinistra usa la Palestina per spingere il quorum: ecco il Gazarendum
03-06-2025, 07:29
Due è meglio di uno. Giugno, il tempo delle maxi offerte del Nazareno, mettere insieme Gaza con il quorum. L'evergreen della propaganda, i classici due piccioni con una fava, “non si butta via niente”. Una furbata a tutti gli effetti: organizzare la manifestazione pro Pal (a Roma in piazza San Giovanni, sabato 7) esattamente il giorno prima delle consultazioni per i cinque referendum (domenica 8 e lunedì 9) sostenuti dalla Cgil e da Più Europa. Con un obiettivo dichiarato: allungare la campagna elettorale (ignorando la pausa di riflessione della vigilia) sui quesiti, una sorta di “save the date” da diffondere in Piazza, sui social e nei telegiornali della sera. Con la kefiah al collo, a caccia di un quorum difficile da coronare, ma “tentar non nuoce”. O meglio fare tutto il possibile per raggiungere quota 50%, portare al voto il numero maggiore di persone. Elly Schlein ha buttato il cuore oltre l'ostacolo: “ci servono oltre 12 milioni di italiani alle urne”. Una sfida tutta inventata per animare una campagna elettorale molto fiacca: “stiamo per raggiungere Giorgia Meloni”. Il confronto è con gli elettori che nel 2022 fecero vincere le elezioni al centro destra. E dire che il tema prevalente riguarda una legge di quasi 11 anni fa: il famigerato Jobs Act. Il provvedimento che abolì l'articolo 18 fu licenziato da Matteo Renzi, nella sua stagione a Palazzo Chigi. Il Pd lo approvò con la gran cassa, applausi a scena aperta ed entusiasmo alle stelle, “sarà una rivoluzione”. Anche insospettabili protagonisti che siedono in prima fila con l'attuale maggioranza del partito. A partire dall'allora capogruppo a Montecitorio Roberto Speranza (con gran parte della ‘ditta' bersaniana), una lunga sfilata di dignitari: l'enfant prodige Andrea Orlando, il responsabile dell'economia Antonio Misiani, la capogruppo Chiara Braga, la vicepresidente Chiara Gribaudo. Una lunga serie di convertiti: votarono il provvedimento sul lavoro, ora sono in coda per chiederne l'abrogazione. Una pagina ‘indegna' del Pd che la segretaria con le sneakers vuole stracciare. Insomma un referendum (che costerà alle casse dello Stato intorno ai 140 milioni di euro) che vale come un congresso anticipato. La resa dei conti di Elly, basta con il renzismo, basta con il centrosinistra, la nostra matrice e' fieramente di sinistra. Eppure anche la segretaria ha le sue contraddizioni: uscì dal Pd poco dopo la vittoria del fu rottamatore, ma oggi considera il leader di Italia Viva un partner di ‘servizio' del campo largo. Un accordo luciferino: ‘portami i tuoi voti, ma sui temi della coalizione non avere pretese'. L'ex sindaco di Firenze pensa al bis del miracolo genovese: la sua piccola lista civica ha comunque consentito a Silvia Salis di evitare il ballottaggio. Sui cinque referendum, Italia Viva starà in campo, con due sì (cittadinanza ed imprese appaltanti) e tre no (Jobs Act). Congresso da una parte (con un messaggio chiaro rivolto ai riformisti) e primo test del campo largo dall'altra. Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, con la supervisione di Maurizio Landini, provano su terra l'autovettura che dovrebbe accompagnarli alle elezioni politiche del 2027. Il leader della Cgil, tutto sommato, avrebbe anche un altro interesse da raggiungere in caso di quorum: un rimborso fino a 2,5 milioni per gli organizzatori. Un'occasione da non perdere: quesiti che si prestano ad una narrazione di sinistra (anche se lontana dalla realtà delle leggi da abrogare), per un'alleanza tutta spostata a sinistra. Da questo punto di vista il gancio con la sfilata pro Pal di sabato prossimo non ha contro-indicazioni. Pd, M5S ed Avs saranno in prima fila, un grande sforzo organizzativo per ottenere una doppia resa: una piazza tranquilla ed una chiamata alle ‘armi' nei seggi. Con un doppio rischio: disordini provocati dai centri sociali a San Giovanni, ed un sostanziale flop dei referendum. Ovvero una partecipazione inferiore al 50%, che farebbe decadere la consultazione. Una mano la danno anche i governatori Michele Emiliano e Michele de Pascale. Le iniziative contro il governo di Israele assunte in Puglia e in Emilia Romagna hanno scarsissimi effetti pratici, servono ad aumentare la pressione in vista della sfilata del sabato. Insomma la gran cassa del campo largo con la vecchia ricetta della nonna: “tutto fa brodo”. Tanto rumore per nulla?
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