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La verità sospesa: il giallo della morte di Filippo Raciti tra dubbi e contraddizioni
Ieri 28-07-25, 16:44
Sullo sfondo, i terribili scontri tra ultras e polizia all'esterno dello stadio Massimino di Catania. Agli atti, una ferita mortale più compatibile con un urto contro un'auto che con il lancio di un grosso oggetto. E ancora, incongruenze nella tempistica e valutazioni sulle dichiarazioni di alcuni testimoni che avrebbero potuto portare a un'altra verità. Il programma Psiche Criminale, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, è tornato a parlare del caso di Filippo Raciti, 40 anni, ispettore di polizia deceduto in servizio il 2 febbraio 2007 dopo essere intervenuto a seguito degli scontri tra tifoserie al termine del derby siciliano tra Catania e Palermo. Per la sua morte, nel 2012 sono stati condannati per il reato di omicidio preterintenzionale due ultras catanesi: Antonino Speziale (8 anni di reclusione, minorenne all'epoca dei fatti) e Daniele Micale (11 anni di carcere). Insieme avrebbero divelto un sottolavello in metallo di circa 6 chilogrammi e l'avrebbero scagliato contro l'agente Filippo Raciti, poi morto per un'emorragia interna causata da una gravissima e fatale lesione al fegato. Ora, i due imputati hanno chiesto la revisione del processo, nonostante abbiano ormai scontato la pena, ma la richiesta è stata ugualmente respinta per mancanza di nuovi elementi. “Questa è una vicenda molto controversa– ha spiegato l'avvocato Carlo Taormina, Ordinario di procedura penale – molto difficile nella sua ricostruzione, come sempre accade in questi episodi c'è sempre tanta confusione. Negli anni c'è stata una forte ondata di favore verso il responsabile, perché si pensava fosse stata una reazione ad un comportamento sbagliato delle forze dell'ordine. Inoltre, sull'omicidio preterintenzionale ci sarebbe molto da dire, a partire dalla difficoltà che ha trovato l'inchiesta ad inquadrare il fatto. È stato un fatto chiaramente colposo, una accidentalità, ma si attribuisce la responsabilità solo perché si è verificata la morte. Inoltre, il tema è strettamente attuale, visto che il decreto sicurezza prevede l'accentuazione delle responsabilità e i limiti si sono molto ampliati, anche per la semplice resistenza a pubblico ufficiale. In questo caso, però, abbiamo un problema serio, perché si pone la questione sul rapporto di casualità tra la condotta ed evento morte. Può darsi che il ragazzo non c'entri niente con la causa della morte dell'ispettore Raciti”. Secondo l'avvocato Taormina, però, “oggi è molto complicato poter sostenere una ricostruzione alternativa. La richiesta di revisione del processo – ha spiegato – si può presentare anche con prove presenti nel fascicolo e non valutate, ma in questo caso è stato tutto valutato. Servirebbe un elemento di novità che metta in discussione la valutazione non corretta degli elementi”. Filippo Raciti rimase ucciso da quel colpo inferto con il pesante lavello, ma alcuni testimoni – già ascoltati durante le indagini – e alcune valutazioni fanno pensare a un'alternativa, legata a un investimento con l'auto di servizio da parte del collega dell'ispettore che era alla guida di un Range Rover della Polizia di Stato. Alcuni elementi di contrasto sono emersi anche dalle consulenze. “Dagli atti processuali – ha detto Roberto Colasanti, criminologo e criminalista – possiamo vedere che fondamentalmente c'è stata una conferma delle sentenze di primo grado sia in appello che in Cassazione. Ma la rilettura lascia spazio a dubbi su come si siano verificati i fatti, per questo è in corso un tentativo di revisione del processo nonostante gli imputati abbiano già scontato la pena. In particolare, i legali hanno puntato sugli accertamenti tecnici del Ris di Parma sul lavello scagliato nei confronti di Raciti e sulle dichiarazioni dello stesso autista, che aveva raccontato di un rumore prima di vedere accasciarsi l'ispettore. In quel contesto, però, quando si verifica un fatto di tale gravità in una situazione in cui abbiamo una massa di persone animate da intenti di fare danni alle infrastrutture e scontrarsi con le altre fazioni sportive, la risposta dello Stato diventa solo quella di individuare un colpevole. La revisione è complessa, perché non ci sono nuove prove da esaminare. Quelle esistevano già, ma sarebbero state lette in maniera diversa e, in questi casi, non si può fare un esame critico sull'interpretazione fornita dai giudici che hanno emesso le sentenze. Dopo tanti anni è difficile poter sostenere l'ipotesi di un urto con un autoveicolo e che Raciti possa essere morto per mano di un collega”. “In questi eventi sportivi – ha commentato Tony Riggi, ex poliziotto e tecnico del suono – basta pochissimo per far innescare la scintilla e la Polizia deve essere molto diplomatica. La situazione su Raciti non era molto chiara: i Ris di Parma parlarono di compatibilità con la vernice azzurra. Bisogna ricordare che la visibilità era scarsa a causa dei fumogeni, Raciti uscì dall'auto di servizio e morì, ma credo sia ancora da capire se la morte fu effettivamente causata da Speziale e Micale, o dall'impatto con uno sportello, e ancora se ci sia stato il ritardo nei soccorsi e in ospedale, se è stato curato in tempo, se ci sono stati altri feriti. Secondo me potrebbe non essere stata quella la causa della morte di Raciti”. “Rispetto all'autopsia – ha sottolineato la psicologa Barbara Fabbroni – Raciti riportò la rottura del costato e una conseguente emorragia al fegato. Speziale lanciò un sottolavello da 6 chilogrammi, ma l'ispettore era in parte protetto. Il lancio avvenne alle 19.08, ma in ambulanza e pronto soccorso Raciti giunse solo alle 20.45. C'è una incongruenza rispetto al tempo, così come le contraddizioni tra le ricostruzioni: secondo i Ris di Parma era impossibile giungere a quel danno fisico, mentre sostengono l'opposto quelli della Polizia Scientifica. In questo caso specifico è complesso, regnava il caos, era difficile operare in quella situazione tra fumogeni e una vera e propria sommossa. Rispetto al processo e alla condanna, si possono avanzare dubbi, ma l'aspetto su cui Speziale è stato ritenuto responsabile riguarda anche le intercettazioni”. La puntata sul caso di Filippo Raciti, così come quella sulla morte di Gabriele Sandri, è disponibile sulla piattaforma Cusanomediaplay.it
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