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“Bisogna seppellire la Colosimo”. È bufera sulle parole di Scarpinato
Oggi 23-09-25, 07:56
«Bisogna seppellire la Colosimo». Quattro parole capaci di incrinare la credibilità della Commissione parlamentare antimafia e di gettare un'ombra sinistra sui processi di mafia degli ultimi trent'anni. A pronunciarle, in un'intercettazione telefonica del 28 ottobre 2023, è Roberto Scarpinato, ex magistrato del pool di Falcone e Borsellino, oggi senatore del M5S e membro proprio di quella Commissione chiamata a fare luce sulla strage di via D'Amelio. La rivelazione ha scatenato furiose reazioni dal centrodestra, che parla di «linguaggio truce e violento», mentre dall'altro schieramento cala un silenzio imbarazzato, da Conte al Pd, fino ad Alleanza Verdi-Sinistra. La frase, emersa ieri sera dalle intercettazioni trasmesse da Massimo Giletti su Rai 3, è solo la punta di un iceberg che rivelerebbe un sistema compromesso. Scarpinato dialogava con l'ex collega Gioacchino Natoli, anch'egli del pool antimafia palermitano, in vista della sua audizione a Palazzo San Macuto sul dossier «mafia e appalti» come possibile movente dell'omicidio di Paolo Borsellino. Ma nelle conversazioni intercettate dalla Procura di Caltanissetta, nell'ambito dell'inchiesta che vede Natoli indagato per favoreggiamento alla mafia insieme all'ex procuratore Giuseppe Pignatone, si delinea uno scenario agghiacciante: i due ex magistrati avrebbero concordato in anticipo domande e risposte, pianificando una strategia per «seppellire» la presidente Chiara Colosimo «sotto una montagna di documenti». «Ti farò questa domanda lì: "Lei sa che rapporti c'erano tra Salvo Lima e Paolo Borsellino?" E tu tira fuori questa storia, perché ti farò questa domanda», diceva Scarpinato il 28 ottobre 2023. L'audizione, poi tenutasi il 23 gennaio 2024, sarebbe stata minuziosamente orchestrata. La ricerca della verità, insomma, si sarebbe trasformata in una recita. Scarpinato ha tentato di difendersi con una nota in cui denuncia «la macchina del fango» e rivendica la correttezza del suo operato. La sua strategia difensiva punta tutto sull'attacco al generale Mario Mori, «indagato a Firenze per le stragi», accusato di aver orchestrato «dall'ombra» la tesi su «mafia-appalti» come movente della strage «per seppellire moventi ben più indicibili». Secondo Scarpinato, Mori «all'insediamento della Commissione andò a trovare la presidente Colosimo a Palazzo San Macuto, scagliandosi subito contro di me» e «ha dichiarato che vive per vendicarsi dei magistrati che lo hanno processato». Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Giovanni Donzelli, responsabile Organizzazione di FdI, è stato netto: «Che un componente della Commissione dica al telefono "bisogna seppellire la Colosimo" è inammissibile, soprattutto quando si parla di antimafia». I deputati di FdI in Commissione hanno espresso «piena solidarietà» alla presidente Colosimo, dichiarandosi «inquietati e indignati» dalle conversazioni. «Queste intercettazioni confermano che avevamo ragione a denunciare un evidente conflitto d'interessi», hanno aggiunto, riferendosi al disegno di legge per estromettere Scarpinato e Federico Cafiero De Raho dalla Commissione. Maurizio Gasparri (FI) ha ironizzato: «È lo stesso che in tv e sui giornali denunciava il "burattinaio" Mori? Oggi finalmente possiamo parlare di "trattativa". Sì, ma quella tra Scarpinato e Natoli». Ma più assordante è il silenzio che arriva dal campo largo. Giuseppe Conte, leader del M5S e garante politico di Scarpinato, non ha pronunciato una sola parola di biasimo o anche solo di imbarazzo per le frasi del suo senatore. Il Pd, sempre pronto a invocare trasparenza e legalità quando a essere sotto accusa sono gli avversari, ha scelto la strada del silenzio assoluto. Nessuna presa di distanza, nessuna richiesta di chiarimenti, nessuna condanna per quello che appare come un tentativo di manipolare i lavori della Commissione.
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