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“La sinistra non esiste”. Bertinotti azzera il campo largo di Schlein e Conte: incomprensibile
13-10-2025, 13:40
“Temo di essere troppo critico”. Così Fausto Bertinotti, ospite della trasmissione “Omnibus” di La7, ha introdotto il suo giudizio sullo stato della sinistra italiana. Una frase che suona quasi come una carezza prima del colpo, perché subito dopo l'ex presidente della Camera e storico leader di Rifondazione Comunista ha demolito senza mezzi termini la strategia del cosiddetto campo largo. Un progetto, secondo lui, privo di radici e incapace di parlare al “popolo” che la sinistra avrebbe dovuto rappresentare. “Per quel niente che vale – ha aggiunto – ho scritto un libro che si chiama ‘La sinistra che non c'è'. Rimango su questo tema: la sinistra non c'è. Per sinistra intendo un'organizzazione di popolo”. Le parole di Bertinotti pesano più di molte analisi accademiche, perché vengono da chi quel mondo lo ha costruito e attraversato per decenni. La sua diagnosi è netta: il campo largo è un'alleanza senz'anima, una formula ripetuta come un mantra ma incapace di dare una risposta politica reale. Già in altre interviste l'ex leader di Rifondazione aveva definito il progetto “incomprensibile”, sottolineando che “le alleanze si possono pensare tra soggetti forti, prima ancora che vicini. Ma io oggi non vedo la forza nei soggetti in campo”. Una critica che colpisce tanto il Partito Democratico quanto il Movimento 5 Stelle, accusati di cercare equilibri tattici più che una visione di società. Nel suo ultimo libro, “La sinistra che non c'è” (Rai Libri), Bertinotti spiega come la sinistra italiana – e non solo quella parlamentare – abbia smarrito la sua ragion d'essere. Non esiste più, dice, una sinistra come “organizzazione di popolo”, capace di tenere insieme ceti popolari, lavoratori, movimenti e cultura politica. È un'assenza che pesa anche oltre i confini nazionali. “C'è una battuta di Bernie Sanders – ha ricordato Bertinotti a La7 – che, alla domanda ‘perché ha vinto Trump?', ha risposto: ‘Hanno perso i democratici'. La farei mia”. Una riflessione che vale anche per l'Italia, dove la crisi della sinistra è interna prima ancora che elettorale. Il tono pacato e il timore di “essere troppo critico” non cancellano la sostanza: per Bertinotti, la sinistra italiana si è svuotata di senso e ha smarrito la capacità di rappresentare un mondo. Il suo giudizio, benché amaro, apre una riflessione che va oltre i confini ideologici. Per chi guarda da destra, la diagnosi di Bertinotti è illuminante. Segnala che il principale avversario politico è in crisi d'identità, impegnato a ricucire alleanze senza costruire consenso popolare. È un vuoto che può trasformarsi in un'opportunità per il centrodestra, se saprà continuare a parlare ai ceti medi e produttivi con chiarezza e radicamento. Ma l'ex leader comunista lancia anche un monito trasversale: senza un rapporto vivo con il popolo, ogni schieramento è destinato a indebolirsi. “La sinistra non c'è”, dice Bertinotti, ma il problema potrebbe non essere solo suo.
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