s
“Noi avremmo fatto la stessa cosa. Ma non si parli di schifezze”. Parla l'ex dem Latorre
03-02-2025, 07:48
Nicola Latorre, per quattro legislature in Senato con il Pd, considerato il braccio destro di Massimo D'Alema e di Marco Minniti, a si è occupato di difesa e sicurezza internazionale. Anche la sinistra ha dovuto fare «schifezze», come ha detto Bruno Vespa? «Non so a quali schifezze si riferisse il direttore Vespa. Se ci si rivolge a Marco Minniti o al sottoscritto, certamente non abbiamo fatto "schifezze". Abbiamo svolto in maniera doverosa il ruolo che ciascuno di noi aveva, in particolare l'allora ministro Minniti. In particolare mi risulta che lui da ministro abbia condiviso sempre tutte le iniziative con informative puntuali e tempestive al Copasir». Proviamo a tradurre «schifezze» con compromessi diplomatici con gli interlocutori internazionali che ci si è trovati, che non si potevano scegliere. La ragion di Stato, è realpolitik, va fatta valere sempre... «Quanto al tema della ragione di Stato, va ricordato che è a questo concetto che le autorità politiche e di sicurezza si rifanno, anche in deroga a principi di diritto internazionale. Da questo punto di vista è del tutto evidente che nel caso Almasri le autorità di governo e di sicurezza del paese hanno valutato, per ragioni di Stato, l'opportunità di riportare il libico in Libia». Anche i governi del centrosinistra hanno fatto valere la ragion di Stato, nel momento in cui andavano tutelati gli interessi strategici nazionali. «Basta consultare gli archivi di storia del nostro paese per ritrovare nei governi della Prima Repubblica, nei governi del centrosinistra e in quelli di ogni altro colore, le iniziative che nei diversi casi hanno fatto valere lo stesso prinicipio». E questa volta il governo ha agito come avreste agito voi, a parti invertite? «Ritengo che le valutazioni fatte dalle autorità di governo, nella fattispecie il ministro degli Interni, e dalle autorità di sicurezza, riportavano la necessità di ricorrere a ragioni di Stato. E io personalmente, pur non essendo nelle condizioni di poterle valutare tutte, ho motivo di credere che questi ragionamenti abbiano un loro fondamento». Bisognava secretare da subito gli atti? «Il momento del segreto di Stato non è questo. Se e quando verranno chiesti i documenti sul caso, il governo valuterà e potrà opporre il segreto di Stato. Ogni cosa a suo tempo». Quantomeno invocare prima la Ragion di Stato? «Certamente il Governo doveva avere il coraggio di dichiarare subito che l'espulsione di Almasri si rendeva necessaria, urgente e insindacabile per ragioni di Sicurezza Nazionale oltre che per le ragioni giuridiche che sono state formalmente addotte per non attuare la decisione della CPI». Almasri doveva essere rispedito in Libia o no? «Penso che l'iniziativa di rimpatriarlo fosse quella giusta. Vedo che si discute sul mezzo di trasporto utilizzato. È un dettaglio. Si sarebbe dovuto dire da subito che quella di Almasri è una questione di sicurezza nazionale. E chiudere così il discorso, rivendicando con forza la decisione degli organismi competenti di rimpatriare il libico». Almasri era andato da Londra a Bruxelles alla Germania senza che nessuno lo fermasse. Qui c'è un giallo internazionale: perché la segnalazione interviene solo quando il libico arriva in Italia? «Non credo sia stata casuale la decisione della Germania di comunicare alla CPI che Almasri circolasse liberamente in Europa solo dopo che aveva abbandonato il suolo tedesco. Ma non penso a complotti. Credo semmai ci sia stato un cinico e spregiudicato calcolo di chi non voleva gestire la patata bollente». Perché la Germania non ha voluto arrestare Almasri? «Avrebbe avuto un effetto deflagrante, l'arresto in Germania di un personaggio notoriamente protetto dalla Turchia, paese legato a doppio filo con Berlino, e con la quale non ci si poteva permettere un quasi certo conflitto, tra l'altro nel pieno della campagna elettorale tedesca nella quale il tema dell'immigrazione é uno di quelli centrali». C'è chi se la prende, soprattutto da sinistra, con gli accordi Italia-Libia. «Sì, c'è chi addebita anche questa vicenda agli accordi a suo tempo sottoscritti tra Italia e Libia. Penso l'esatto opposto: quell'accordo fu prezioso. Consentiva l'uscita dei gruppi criminali dalla gestione dei flussi di migranti e nella partecipazione attiva nello sviluppo socioeconomico libico. Andrebbe ripresa e rilanciata quella strategia».
CONTINUA A LEGGERE
6
0
0
Guarda anche
Il Tempo
Ieri, 22:45
Giuliacci avvisa: "Weekend movimentato". Ecco dove e quando pioverà
Il Tempo
Ieri, 22:18
Tajani consegna gli aiuti "Food for Gaza" e ribadisce: "Due popoli e due Stati"
Il Tempo
Ieri, 22:03
Liliana Segre racconta il viaggio sul treno da Milano ad Auschwitz
Il Tempo
Ieri, 21:53