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Le carte del caso Londra: quando la Chiesa rinunciò all'offerta di 300 milioni
07-05-2025, 11:05
Avidità o insipienza economica. La prima è peccato, la seconda è anche peggio. Chissà se lo Spirito Santo che scenderà sul Conclave era distratto sull'affare «terreno» del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Quello che ha investito come un ciclone il Vaticano, il fondo di investimento guidato dal finanziere Raffaele Mincione, il cardinale Angelo Becciu, una serie di banche di investimento internazionali, uno dei cardinali papabili come Parolin e un monsignore del calibro di Pena Parra. Già, la carta che ha potuto visionare Il Tempo dimostra che la principale accusa rivolta ai protagonisti, e cioè la perdita di valore dell'investimento immobiliare londinese, poteva essere evitata. Anzi, nonostante le contingenze del Covid appena iniziato, la Santa Sede avrebbe anche potuto portare a casa un consistente profitto. I conti sono presto fatti. Per acquisire l'immobile la Santa Sede staccò un assegno di 275 milioni di sterline. Ma quando la stessa si tirò indietro e chiese al fondo di Mincione di liquidare, il prezzo, causa calo dei valori immobiliari nel mercato londinese, fu di 185 milioni di pound. Con una minusvalenza dunque di 90 milioni. Una perdita che fu la scintilla che mise in moto processi milionari in Inghilterra (l'ultimo concluso qualche giorno fa con un indennizzo di 4,1 milioni di sterline al finanziere Mincione) e a un giudizio dentro le mura vaticane ancora pendente. Fin qui la storia. Ma la carta è determinante per stabilire una parte di colpe per l'investimento fallimentare. Si tratta della lettera datata 11 maggio 2020 inviata da Fenton Whelan al fondo Wrm Capinvest che gestiva l'affare di Sloane Avenue. La società è delle più grandi al mondo nel settore immobiliare, nota per aver costruito il complesso di One Hyde Park, con uno degli attici sul mercato per 212,5 milioni di euro. Non è insomma un soggetto improvvisato quello che propone alla Wrm di comprare lo stabile per un prezzo compreso tra 275 e 300 milioni di sterline. Nella peggiore delle ipotesi il «rosso» per il Vaticano si sarebbe ridotto a soli 10 milioni ma avrebbe potuto diventare anche una plusvalenza di 25. Ed ecco il punto focale della vicenda. Wrm, non avendo più titolo sull'immobile, si preoccupa attraverso i suoi legali, di inviare una raccomandata con la traduzione della proposta a sua eminenza il cardinale Pietro Parolin e al sostituto per gli Affari Generali, monsignor Pena Parra. La ricevuta della missiva porta il timbro del Vaticano, ergo i due avrebbero dovuto essere a conoscenza della proposta che poteva salvare l'affare. Ma da quel momento solo silenzio. Cosa è successo? Solo ipotesi. Qualcosa si può evincere dalle dichiarazioni processuali di Pena Parra quando ammette di aver dato incarico alla società Savill Investement di gestire una gara per la scelta di professionisti da impiegare per il cambio della destinazione d'uso del palazzo londinese da residenziale (abitazioni) a commerciale (uffici). Questa strategia, comprovata dai consulenti comunali, avrebbe fruttato secondo una relazione prodotta dal monsignore, un aumento di valore dell'operazione fino a 315 milioni. Dunque uno dei possibili motivi del silenzio vaticano sull'offerta della Fenton Whelan sarebbe stata la prospettiva di un profitto maggiore. E qui però se non lo Spirito Santo entra la sfortuna. Sì perché il crollo del mercato immobiliare per la crisi Covid azzera i sogni di ricchezza del Cupolone. La proposta che poteva consentire di limitare i danni resta lettera morta. Eppure il suo valore è riconosciuto anche dal commissario De Santis (testimone nella fase processuale in Vaticano per il caso Becciu)<ET>e che, a domanda se conoscesse la società, ha risposto: «È una delle più grandi società immobiliari del mondo, un colosso». Stranamente ignorato.
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