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L'ex procuratore di Pavia sbotta sul caso di Garlasco: “Sempio e il dna? Vi racconto tutta la verità”
Oggi 24-05-25, 14:46
L'ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, ora in pensione, passa al contrattacco dopo che le nuove indagini su Garlasco hanno messo in forte discussione le richieste di archiviazione da lui firmate nel 2017 e nel 2020 che ipotizzavano un coinvolgimento di Andrea Sempio. In una lunga nota, il suo legale Domenico Aiello sottolinea che Venditti non diede seguito agli accertamenti "attesa l'inservibilità e infruttuosità della prova scientifica dedotta, attestata dai consulenti del Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri" e il non riscontro di "anomalie nelle precedenti indagini". Il riferimento è alla presenza di dna sulle unghie di Chiara Poggi ritenuto all'epoca materiale genetico non utilizzabile che invece, secondo l'ipotesi dei magistrati pavesi attuali, non solo lo sarebbe ma viene anche attribuito a Sempio. Le indagini del 2017 e del 2020 erano state sollecitate dalla difesa di Stasi e dai carabinieri del Nucleo Investigativo che stanno svolgendo i nuovi accertamenti. "Venditti sin da principio non ha inteso interferire con le diverse indagini di cui a vario titolo si dà conto nella cronaca locale e nazionale, né ha inteso partecipare o alimentare l'incontrollata battage mediatico - è il testo della nota -. Ciò non di meno non è possibile astenersi dal rappresentare il danno illecito che sino ad oggi sta subendo dalla mole di notizie false e prive di ogni riscontro oggettivo". Dopo il passaggio in giudicato della condanna per Alberto Stasi, Venditti, ricorda il legale, "è stato co-assegnatario (dunque non unico), di un fascicolo di indagine su Andrea Sempio, originato da un esposto della difesa Stasi. Sulla scorta delle risultanze certificate dai consulenti della Corte d'Appello di Milano (sic!), già anni prima mai contestate dalla Procura Generale, il dottor Venditti disponeva comunque nuove indagini, all'esito delle quali ha ritenuto di richiedere l'archiviazione della ipotesi investigativa, attesa la inservibilità e infruttuosità della prova scientifica dedotta, attestata dai consulenti del Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri e valutati gli esiti delle successive indagini tempestivamente disposte. Anche se superfluo, pare il caso di ribadire che formulò una corposa e motivata istanza di archiviazione ad altro magistrato giudicante del competente ufficio gip, che la accolse decretando la conclusione dell'indagine nel marzo 2017". Quanto al fascicolo nato su impulso di un'informativa dei carabinieri, seguita a un esposto della difesa Stasi, Aiello rimarca il "peculiare contesto in cui i Carabinieri di Milano, che indagavano su molestie e disturbi alla difesa, trasmettono nel 2020 una informativa a Pavia in cui si evidenziano 'una serie di anomalie nelle precedenti indagini [...] riscontrando elementi che potrebbero non mettere fine ad una vicenda giudiziaria'. "Vale la pena, anche qui rammentare, che già prima di questa informativa dei Carabinieri, sulla vicenda si era formato da anni il giudicato e che due vertici di Procure Generali presso la Corte di Appello, Milano e Brescia, questa ultima competente per la revisione della sentenza di condanna, nulla avevano disposto e perfino rigettato o ritenuto inammissibile le numerose istanze di revisione. La sentenza rimaneva dunque inamovibile e cosa giudicata - prosegue Aiello -. Dunque, Venditti, considerata la attestata infruttuosità della prova scientifica, richiamando i motivi della precedente archiviazione, e vista la assoluta carenza di riscontri oggettivi alle enunciate e mai provate "anomalie delle precedenti indagini", richiede l'archiviazione del fascicolo che viene decretata da altro magistrato dell'ufficio gip presso il Tribunale di Pavia. La recente iniziativa della Procura di Pavia, del tutto legittima, dovrà in ogni caso tenere in conto il giudicato formatosi dieci anni orsono. Pertanto è facilmente prevedibile che sarà a breve riproposta una nuova istanza di revisione del giudicato su nuove prove mai prima prodotte". Infine, il legale ritiene "gravemente inopportuni, privi di fondamento, e del tutto strumentali a una narrazione diffamatoria e irresponsabile, gli accostamenti di Venditti a fatti e vicende riferite ai casi noti come 'Clean 1 e 2', dove nessun addebito o riscontro oggettivo infatti consente a oggi un ipotetico coinvolgimento del mio assistito, che ha speso una intera carriera al servizio della Giustizia e ben conosce le dinamiche e gli equilibri del territorio pavese".
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