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Lezione americana di Tremonti: "Trump non ha vinto. E al Congresso..."
24-07-2024, 07:00
«Il prossimo presidente degli Stati Uniti se non avrà la maggioranza al Congresso avrà notevoli difficoltà operative, veri e propri limiti». A dirlo l'ex ministro dell'Economia e presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati Giulio Tremonti. Quale riflessione ritiene utile rispetto a un appuntamento elettorale così importante, che potrebbe cambiare non solo le sorti degli Stati Uniti, ma dell'intero pianeta? «La prossima elezione, quella che si svolgerà nel mese di novembre, è doppia. Gli americani saranno chiamati a votare sia per la Casa Bianca che per il Congresso. È vero che, in questo caso, si voterà soltanto per una quota di delegati, ma certamente importante per quanto concerne gli equilibri tra i due schieramenti. Una ipotesi abbastanza razionale è che ci troviamo di fronte a un'asimmetria». Quale? «Non è detto che chi vinca la corsa per la casa Casa Bianca, riesca a spuntarla pure al Congresso». Ciò cosa comporta? «Considerando il sistema americano, un presidente che non ha la maggioranza nell'organo legislativo del Governo federale degli Stati Uniti d'America ha notevoli difficoltà operative. Se la politica della Casa Bianca è molto marcata, di parte, si troverà di fronte un ostacolo, non di poco conto, come quello del Congresso. Questo è un aspetto da considerare. Pur essendo un qualcosa di cui sento parlare poco sui media, lo ritengo un aspetto da non sottovalutare e da tenere in forte considerazione quando si effettua qualsiasi tipo di analisi». Qualcuno, intanto, ritiene che Trump, dopo il ritiro di Biden, abbia già stravinto. È d'accordo? «Ritengo che sia troppo presto per fare valutazioni diquesto tipo. Detto ciò, tutti sono liberi di farle. A mio parere, aspetterei il mese di novembre prima di sbilanciarmi e considerando l'asimmetria a cui facevo prima riferimento. Il presidente che non ha la maggioranza nel Congresso, ripeto, ha meno poteri di quelli prospettati in campagna elettorale, qualunque sia il suo nome». Sia Trump che Harris, pertanto, potrebbero non rispettare gli impegni presi con i propri sostenitori? «Un grande democratico, si fa per dire, come il principe Bismark, diceva non si raccontano mai tante bugie o meglio non si fanno mai tante esagerazioni come dopo le battute di caccia o durante le campagne elettorali. Considerando che siamo a luglio e la possibilità di un quadro più complesso di quello che i più prospettano, non è detto che ivari candidati mantengano gli impegni presi in campagna elettorale, una volta che saranno in carica. Non è detto che tutto quello che è stato dichiarato, promesso, prospettato agli elettori, sia davvero la politica che sarà portata avanti. Molto dipenderà dal Congresso. Ragione per cui molto di quanto è stato annunciato negli ultimi comizi, potrebbe non rientrarein quella che poi sarà l'attività del governo». A suo parere, però, c'è un contendente che è in vantaggio sullo sfidante? «Non ritengo che sia questo il momento per affrontare l'argomento. Preferisco sottolineare l'asimmetria tra la campagna elettorale per la Casa Bianca e quella per i delegati». Qualora una forza dovesse spuntarla nelle Camere e un'altra nella corsa per la Casa Bianca, ci saranno delle conseguenze anche per quanto concerne la governabilità mondiale? «Mi limito a dire che in Europa si parla a vanvera di Europa, mentre in America si parla davvero di Cina».
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