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L'Italia in prima linea per Gaza. Pronti a inviare peacekeeping e far parte della squadra di Blair
10-10-2025, 08:53
Lo scenario Medio Orientale entra stavolta in un'evoluzione positiva, con l'accordo sulla prima parte del piano di pace di Donald Trump. E il percorso per spegnere nell'area i fuochi della guerra, avviando la costruzione dello schema «due popoli-due Stati» rappresenta una sfida anche per l'Italia, attore che, a dispetto delle mistificazioni della sinistra, non è stato inerte in questi due anni e in questi ultimi mesi. «Sono molto fiera del lavoro silenzioso ma costante che l'Italia ha fatto, per ricordare che la pace si costruisce lavorandoci e non limitandosi a sventolare bandiere», ha affermato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. In queste ultime settimane c'è stato infatti l'affiancamento con il piano redatto dal presidente degli Stati Uniti, il filo del contatto allacciato dalla premier anche con Tony Blair, l'ex primo ministro britannico che potrebbe avere un ruolo (anche se non incontra il favore dei palestinesi) in quel «board della pace» chiamato a sovrintendere alla gestione transitoria di Gaza. Di quell'organismo potrebbe far parte anche la Presidente del Consiglio italiana. Il nostro Paese arriva alle soglie del percorso di pace con un protagonismo umanitario senza eguali nel resto dell'Occidente, frutto dell'impegno del Ministero degli Esteri: 2400 tonnellate di generi alimentari fatte entrare nella Striscia. L'accoglienza di circa 200 bambini malati, con le loro famiglie, affidati all'assistenza degli ospedali pediatrici lungo la Penisola. Da poco, è stato aperto, in collaborazione con il ministero dell'Università, il corridoio accademico e stanno già arrivando i primi studenti e ricercatori da Gaza per proseguire il loro percorso nel nostro Paese. Risultati possibili grazie alle relazioni mantenute con Israele (anche in questo caso contravvenendo alle invocazioni della sinistra che vedeva la rottura su tutto). Risultati riconosciuti anche dagli esponenti dell'ANP, a partire da Abu Mazen che il 7 novembre sarà proprio a Roma. Ora, dunque, il ruolo italiano nella nuova fase si basa sulle migliori premesse. E si guarda alla costituzione della forza internazionale di sicurezza, prevista dal piano di Trump. «L'Italia - ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani a Rainews - è pronta a fare tutto ciò che serve per una soluzione in Medio Oriente. Può anche dare militari per una forza internazionale che possa unificare Gaza e Cisgiordania. Siamo anche in prima linea per gli aiuti». In un post su X, poi, il titolare della Farnesina ha affermato che l'Italia è pronta a prestare il proprio impegno anche per la ricostruzione di Gaza. Sul ruolo del nostro Paese si sofferma anche il ministro della Difesa Guido Crosetto: «L'Italia e in particolare le Forze Armate sono e saranno pronte a fare la loro parte, come hanno sempre fatto e come hanno dimostrato in tutte le missioni internazionali cui partecipano, di saper fare». Va ricordato che l'Italia ha dispiegato nove carabinieri presso il valico di Rafah, nell'ambito della missione Eubam. Ma non solo. Come ha spiegato ancora Tajani «abbiamo già i nostri carabinieri che formano la polizia palestinese a Gerico e ne abbiamo altri. Potrebbe essere, per esempio, un contingente dell'Arma ad andare in Palestina per contribuire alla riunificazione, visto che poi i nostri carabinieri, come i nostri militari, sono ben voluti dai palestinesi». A riprova del sentimento buono verso il nostro Paese, c'è il video che il capo della diplomazia posta su X: un bambino, sorretto da un adulto, che sventola la bandiera palestinese e quella italiana fra le macerie. L'Italia è da tempo impegnata anche nella prospettiva di ricostruzione. Ieri, il ministro degli Esteri ha partecipato a Parigi alla ministeriale sull'attuazione del piano di Trump, insieme ai colleghi dell'E4 (oltre all'Italia, Francia, Germania, Regno Unito), del Quintetto arabo e altri attori internazionali. E nel luglio scorso, a New York, il nostro Paese è stato al tavolo della Conferenza sulla soluzione a due Stati, promossa dalla Francia e dall'Arabia Saudita, copresiedendo insieme all'Indonesia il gruppo di lavoro «Sicurezza per Israeliani e Palestinesi», che ha trattato un dossier centrale per il futuro e la stabilità dell'area.
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