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L'Orlando furioso e il Pd manettaro in tilt: "Ermini si dimetta". Bufera nella sinistra
31-07-2024, 07:40
Non uno qualunque. Non certo un peones, tra i tanti che galleggiano nella direzione del Pd. Esattamente quello che non è David Ermini. Avvocato, un passato di amministratore locale, "fratello" maggiore di Matteo Renzi, che lo candida prima in Parlamento e poi addirittura al Csm. Un rapporto finito malissimo quello con l'ex presidente del Consiglio sull'onda del caso Consip, e che lo porterà a solidarizzare in tempi recenti con un altro ex renziano come Dario Nardella, entrambi arruolati da Dario Franceschini. Già deputato dem per due legislature, già commissario del Pd in Liguria esattamente 9 anni fa, già soprattutto vicepresidente del Csm dal 2018 al 2023. Per dire di un curriculum di tutto rispetto, per uno che aveva mosso i suoi primi passi nella politica come consigliere comunale della Democrazia Cristiana, nel suo paese natale, Figline Valdarno e che Renzi scoprì, anni dopo, nel consiglio provinciale di Firenze. Con la decisione di lunedì, l'avvocato aggiunge alla sua lunga biografia anche la presidenza della Spininvest srl, la holding di Aldo Spinelli (una vicinanza al Pd sempre rivendicata), l'imprenditore ai domiciliari per l'inchiesta sulla corruzione che ha portato alle dimissioni del presidente della Liguria Giovanni Toti. Un fulmine a ciel sereno, che ha provocato forte imbarazzo al Nazareno e addirittura un'ulcera all'alleato Ferruccio Sansa: «Questa non è e non sarà mai la politica per cui vogliamo batterci». Tanto da spingere il candidato in pectore del campo largo in Liguria, Andrea Orlando, a cercare un contatto diretto. «Valuta con attenzione l'opportunità di rinunciare all'incarico genovese», gli ha detto l'ex ministro, legato da un rapporto di lunga data con il compagno di partito (che fu suo commissario nel 2015). Una telefonata interlocutoria, priva sviluppi concreti, («l'incarico è esclusivamente di natura professionale, senza alcuna implicazione politica», gli ha obiettato Ermini), ma che Orlando ha voluto rendere pubblica. Per dire "guardate che noi del Pd, anche se non sembra, siamo fortemente arrabbiati". Una risposta implicita alle vibranti proteste del centrodestra, che in massa, ha chiamato in causa la doppia morale del Pd. Come quella della deputata della Lega Simonetta Matone: «C'è un duplice grave attacco della sinistra alla nostra democrazia. Un vero e proprio assalto commesso da chi ieri condannava senza nemmeno un rinvio a giudizio e oggi punta alla spartizione delle poltrone». O quella del vicecapogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia Alfredo Antoniozzi: «Il Partito democratico della Liguria e quello retto da Elly Schlein mandano un loro uomo, l'ex vicepresidente dell'organo di autogoverno dei giudici, nella holding dell'imprenditore coinvolto principalmente nell'inchiesta. Ciò getta ulteriori ombre sulla vicenda giudiziaria e sul principio della moglie di Cesare già abbondantemente calpestato». Paradossalmente una posizione condivisa anche dal capogruppo del Pd a Palazzo Tursi, Simone D'Angelo che in Consiglio comunale a Genova dice: «Provo sconcerto e rabbia, sconcerto perché è assurdo che chi fa parte del Pd abbia deciso di accettare quell'incarico senza sentire il bisogno di confrontarsi con il partito, rabbia perché non capisco cosa abbia portato l'ex numero due del Consiglio superiore della magistratura ad accettare l'incarico che gli è stato offerto». Dal Consiglio regionale, arriva invece la bordata della sinistra, con Gianni Pastorino: «La segretaria Elly Schlein deve chiedere a Ermini la sospensione dalla direzione». Insomma, mentre a Genova si discute animatamente, al Nazareno le bocche restano rigorosamente cucite.
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