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Napoli, mistero e sangue in casa Rapuano: 60 coltellate e troppi segreti dietro l'omicidio del marito
Oggi 29-10-25, 15:10
Oltre 60 coltellate per uccidere il marito. Così è morto Ciro Rapuano. La moglie, Lucia Salemme, ha confessato il delitto, avvenuto a inizio settembre a Napoli, ed è ora in carcere, accusata di omicidio volontario. La sua versione, però, non convince gli inquirenti, che sono alla ricerca del movente preciso di quell'efferato omicidio consumatosi tra le mura domestiche. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, si è occupato del caso di uxoricidio che si è verificato a Napoli. Stando alla versione della donna, Rapuano l'avrebbe aggredita e lei avrebbe reagito mentre i due erano a letto, colpendolo ripetutamente con due coltelli, uno dei quali nascosto sotto il cuscino. Decine di fendenti alla schiena, uno dopo l'altro, fino alla morte dell'uomo. La versione fornita dalla donna non ha mai convinto del tutto gli investigatori, che non credono completamente a una reazione dovuta a una relazione tossica. Lei ha raccontato di essere stata per tanti anni vittima delle violenze del marito, fino ad arrivare alla notte tra il 3 e il 4 settembre scorsi e al tragico epilogo. Rapuano l'avrebbe ferita a un braccio con quel coltello, lei avrebbe reagito, non lasciando scampo al marito. Dopo i fatti e la richiesta di intervento di soccorsi e forze dell'ordine, Lucia Salemme si è recata in ospedale per curare una ferita al braccio, poi è finita in carcere con le pesanti accuse. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti c'è anche quella che Ciro Rapuano possa essere stato sedato e poi accoltellato mentre era già privo di sensi. In famiglia, però, spunta anche un possibile movente legato a questioni di natura economica: forse Rapuano aveva in casa una grossa somma di denaro, circa 400 mila euro in contanti. Un possibile movente economico, dunque: un omicidio per appropriarsi della grossa cifra e simulare una storia di violenze in famiglia. In questo caso di violenza sugli uomini, al vaglio degli inquirenti c'è anche il comportamento ambiguo della figlia convivente, che era presente in casa al momento dei fatti insieme a una bambina piccola. L'altra figlia, invece, ha nominato un legale perché vuole costituirsi parte civile al processo contro la madre. “A monte c'è una cosa che non torna – ha sottolineato Marco Strano, criminologo ed ex dirigente della Polizia di Stato – non è facile rendere subito inoffensivo un uomo robusto e in salute, se aggredito da una persona con un coltello. Avrebbe reagito. Questo dettaglio non torna nel racconto della donna. Una persona con quella forma fisica comincia a dare segni di cedimento solo dopo un certo numero di colpi, non si arrende subito. E non si può escludere che la vittima possa essere stata colpita da più di una persona. Che lo abbia ucciso per difendersi dai soprusi subiti potrebbe essere una versione utile da dichiarare per rendere meno grave la situazione di un omicidio particolarmente efferato. Invece, i soldi possono essere un elemento fortemente criminogenetico. Ciò che non torna è la modalità di aggressione: la presunta assassina non avrebbe avuto la forza fisica per tenerlo fermo. La localizzazione dei colpi è importante, ma se effettivamente le coltellate sono, come sembra, sulla schiena, sul collo e sulle gambe, probabilmente l'uomo era steso sul letto. Con 60 coltellate sulla schiena diventa un problema poter giustificare la difesa”. “In questa vicenda – ha aggiunto l'avvocato penalista Michele Arditi di Castelvetere – sono protagoniste anche le due figlie, forse in conflitto tra loro. La convivente probabilmente beneficiava economicamente, l'altra si è costituita persona offesa. Sappiamo che il racconto dell'indagata fa acqua da tutte le parti, la ferita al braccio potrebbe essere auto-inferta o potrebbe aver sbagliato a calibrare. In un filmato della telecamera all'interno dell'appartamento si vede lei che entra in cucina, si sente il rumore del cassetto, ripassa piegandosi in avanti per nascondersi dalla telecamera. Qui potrebbe determinarsi la differenza tra preordinazione e premeditazione. Da quel che sappiamo, non esistono denunce di maltrattamenti né referti medici; le figlie non hanno mai detto nulla e lei non si è mai confidata con un'amica. Probabilmente è una ricostruzione di comodo, ma per compiere un delitto non basta solo essere furbi, serve anche intelligenza. Secondo me, la figura della figlia convivente non è del tutto chiara. Gli inquirenti devono capire se possa esserci una sorta di complicità o un occasionale favoreggiamento. Forse l'intenzione era quella di punire l'uomo per qualcosa, ma la situazione è scappata di mano”. “Nei casi di violenza di genere – ha detto l'avvocato penalista Antonio Nucera – spesso abbiamo visto che il fattore economico è un elemento. In questo caso si parla di una somma veramente importante. Il grande lavoro del pubblico ministero e degli investigatori è ricostruire il fatto, con l'indagata che lo ha raccontato in maniera non del tutto credibile, ma probabile. L'altra figlia che si costituisce parte offesa è un campanello d'allarme. Esisteva un contesto di violenze in famiglia oppure si tratta di una semplice lite? Non sarà un'indagine facile. In casa c'erano anche la figlia e la nipotina: non era possibile chiedere aiuto? Gli altri presenti sono intervenuti solo alla fine? Sono tutte domande che, in questa fase delle indagini, sono importanti e alle quali bisogna dare delle risposte. L'indagata potrebbe aver voluto mascherare questo omicidio in maniera goffa, all'interno di questo allarme gravissimo da femminicidio e codice rosso. Gli inquirenti ora devono andare a fondo per capire se si tratti davvero di un caso di violenza domestica sfuggito di mano oppure di uno scudo per provare a sfuggire a una pena molto alta”. Per il criminologo Cosimo D'Oronzo, “l'esame tossicologico sarà fondamentale per capire se ci fosse minorata difesa perché l'uomo era stato sedato prima. Non possiamo escludere che ci sia un progresso, però dal racconto della figlia viene meno la figura di un padre violento contro la madre. Non possiamo sapere da cosa nasca tutta questa rabbia, ma va detto che anche le motivazioni economiche potrebbero aver portato a questo”.
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