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Operazione salva-Termini - Oltraggio all'acqua santa e atti osceni nella Cappella
03-12-2025, 07:35
«Siamo costretti a chiudere l'accesso quando non è possibile la sorveglianza a causa del degrado e del comportamento irrispettoso del luogo sacro, ma soprattutto per gli atti di blasfemia. Abbiamo bisogno di volontari che collaborino con i sacerdoti per rendere più sicuro questo luogo sacro». Partiamo da qui: da un cartello all'ingresso della Cappella all'interno della stazione ferroviaria di Roma Termini che recita queste parole, che ci ha segnalato un residente dell'Esquilino. Ieri mattina ci siamo recati sul posto per verificare. Il cartello non c'era, mala "sorpresa" ci aspettava sdraiata, addormentata su una delle panche della chiesetta del Santissimo Crocifisso, davanti all'altare: un clochard. All'interno della Cappella, in quel momento, altre due persone intente a pregare, infastidite dal sonoro russare dell'uomo. Proviamo a contattare il cappellano, don Mimmo Monteforte, con cui avevamo concordato di incontrarci alle 11. Dice di non poterci ricevere più per quell'ora a causa di un impegno improvviso, ma sceglie comunque di sfogarsi un po' al telefono. «Il cartello? Quello l'avevo messo alcuni giorni fa - racconta - ma l'ho tolto perché ha avuto troppa risonanza». «Qui siamo in due- spiega - io e l'altro sacerdote. La chiesa chiude alle 19 circa nei feriali, mentre di domenica si dice Messa fino alle 21.30. Abbiamo solo bisogno di aiuto. Qualche volontario c'è, ma non basta». Così, quando non c'è personale a vigilare, sono costretti a chiudere la cappella. Il problema purtroppo sono quei tanti, troppi "poveri Cristi" che si rifugiano nella chiesetta. E a volte accade che la profanino. «Il clochard che ha visto sdraiato sulla panca non parla - prosegue don Mimmo - non sono ancora riuscito a capire nemmeno se è straniero. Viene a trovarci da tre anni. Ne vengono anche altri come lui, perlopiù con problemi psichiatrici. E purtroppo sono accaduti anche brutti episodi, come scoprire che qualcuno aveva fatto la pipì nell'acquasantiera o aveva "sporcato" vicino alla Madonna. Per questo motivo ho messo il cartello, proprio per avere maggiore supporto. Si sono presentate già in quattro per dare una mano». Concludiamo la conversazione e torniamo ad aspettare don Mimmo all'interno della cappella: le persone che stavano pregando non ci sono più, ma il clochard è ancora lì sulla panca. A un tratto si alza in piedi, scuote la sacca al suo fianco e si abbassa i calzoni mettendo "in bella vista" le terga. Poi si volta e si dimena mostrando i genitali. Non resta che uscire di corsa dalla chiesetta, cercare "rifugio" in strada e richiamare don Mimmo. Domandiamo se il vagabondo sia stato segnalato ai servizi sociali: «Non è compito nostro, ma sicuramente qualcuno si prende cura di lui: l'altro giorno è arrivato con i vestiti puliti», spiega. Finalmente riusciamo a incontrare don Mimmo di persona. Raccontiamo l'accaduto, ma lui sembra minimizzare: «Non è violento e la Stazione è molto controllata. Almeno fino ad ora non sono capitati fatti violenti». E racconta di poter controllare sul cellulare, in tempo reale, le registrazioni delle videocamere. Torniamo su per le scale, oltrepassando le transenne dei lavori. Tra il via vai dei passeggeri scavalchiamo altri disperati con i cartoni di vino alla bocca. I marciapiedi di fronte all'entrata della Stazione pullulano di presenze inquietanti. «Questa è la normalità», allarga le braccia un passante. Come sempre.
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