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Papa Francesco e Trump, così divisi ma uniti per la pace
24-04-2025, 21:55
A guardarli, sembrano le due facce opposte della contemporaneità. Papa Francesco, l'uomo della misericordia, il pontefice venuto «dalla fine del mondo» che predica la pace senza se e senza ma. Donald Trump, il bulldozer americano tornato alla Casa Bianca tra gli applausi dei suoi e lo sconcerto dei suoi nemici, che preferisce i toni duri ma – paradossalmente – ha interrotto o evitato più guerre di tutti gli ultimi Presidenti democratici. Eppure, in un mondo che brucia tra Ucraina, Medio Oriente e Mar Rosso, i due si sono ritrovati – loro malgrado – sullo stesso sentiero. Non per convinzioni condivise e non certo per simpatia personale, ma per una spinta comune: la ricerca di una via d'uscita. Papa Francesco lo ha detto e ripetuto. Con parole che irritano Kyiv, imbarazzano le cancellerie occidentali e lasciano interdetto chi si aspetta dalla Santa Sede un ruolo più allineato con l'atlantismo (e quindi più ostile al Cremlino). Ma il Pontefice non si è mai piegato: invoca la trattativa, chiede una «bandiera bianca» da sventolare come premessa al negoziato. Gli rispondeva Zelensky con fastidio, lo ignoravano i governi europei, lo criticava Israele che non gli perdonava certe aperture verso il popolo palestinese, nonostante l'orrore indicibile del 7 di ottobre. Trump, dal canto suo, non è uomo da «mediazioni» vaticane. Ma ha appena fatto una mossa che ha stupito il mondo: ha fermato Netanyahu. Il premier israeliano era a un passo dal colpire l'Iran, dopo gli attacchi senza precedenti della Repubblica Islamica. Ma Washington – quella di Trump – ha detto no. Una telefonata, un avviso secco: niente escalation. Netanyahu ha dovuto frenare. Parte addirittura un round di colloqui tra Usa e Iran (a Roma peraltro), qualcosa di impensabile sino a qualche mese fa. Due figure diversissime, insomma, ma paradossalmente convergenti. Francesco non piaceva a Israele: infatti sarà di basso profilo la presenza di Gerusalemme ai funerali. Trump non piace a Kyiv, che sa di non poter contare su di lui per armi e aiuti incondizionati. E queste due strade – che sembravano destinate a non incontrarsi mai – finiscono per incrociarsi proprio dove tutto è cominciato: Roma. Francesco non c'è più e il giorno del suo funerale la città eterna si ferma. Ma lui, primo tifoso della resurrezione, ha lasciato il mondo terreno con il sorriso di chi crede che la fine sia solo un passaggio. E in mezzo ai leader del mondo, arriva anche Trump. Anzi, arriva innanzitutto Trump. In silenzio, senza proclami. Forse per rispetto, forse per calcolo. Ma in ogni caso, presente. A testimoniare – magari inconsapevolmente – che la pace, alla fine, ha bisogno di tutti. Anche dei più improbabili, anche dei più diversi, anche dei più cattivi.
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