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"Quattro ore": perché i giudici hanno escluso la premeditazione per Impagnatiello
Oggi 26-06-25, 11:29
Niente sconti di pena per l'assassino di Giulia Tramontano e del bambino che portava in grembo da sette mesi. Per Alessandro Impagnatiello - il compagno della donna uccisa con una raffica di 37 coltellate nel maggio 2023 a Senago - e la sua legale Giulia Gerardini non c'è stato nulla da fare. La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato la massima pena già commissionata nella sentenza di primo grado: l'ergastolo. All'ex barman 32enne, nato nel milanese, è stata riconosciuta l'aggravante della crudeltà e del rapporto di convivenza, ma non quella della premeditazione. Un dato, quest'ultimo, che ha scatenato numerose polemiche. L'avvocata di Impagnatiello, che aveva impugnato la sentenza in appello solo in merito alle aggravanti e non sui reati di omicidio volontario, interruzione di gravidanza e occultamento di cadavere, si è detta "soddisfatta" per quel che concerne la "caduta della premeditazione" e al contempo delusa: "Credo fortemente anche che non ci fossero gli estremi per l'aggravante della crudeltà. Adesso leggeremo le motivazioni e vedremo, anche per capire su cosa si fonda la mancata concessione delle attenuanti generiche. Il termine per il deposito della motivazione è il 15 settembre, valuteremo in quella sede come procedere". Nell'interpretazione dei giudici non sussistono prove che dimostrino la premeditazione, anche perché passarono - come sostiene Gerardini -quel 27 maggio "solo" 4 ore da quando Impagnatiello decise di uccidere la sua compagna - intorno alle tre del pomeriggio, quando ha saputo dell'incontro tra Giulia e la sua amante al quale non si è presentato - e l'atto stesso, avvenuto intorno alle 19.00. Dall'altra parte, la vittoria dell'accusa sostenuta dal sostituto procuratore generale Maria Pia Gualtieri, è il riconoscimento della crudeltà, non fosse anche per la cattiveria con cui "Giulia è stata barbaramente trucidata", infliggendole anche tre coltellate al viso per "sfregiarla". E se i genitori di Giulia si sono lasciati andare alle lacrime subito dopo la sentenza pronunciata dalla presidente Ivana Caputo, rinchiudendosi poi nel dolore e nel silenzio, la sorella Chiara ha espresso tutto il proprio disappunto per la premeditazione non riconosciuta: "Vergogna. La chiamano Legge, ma si legge disgusto. L'ha avvelenata per sei mesi. Ha cercato su Internet ‘quanto veleno serve per uccidere una donna poi l'ha uccisa. Per lo Stato, supremo legislatore, non è premeditazione. Vergogna a una legge che chiude gli occhi davanti alla verità e uccide due volte". A conclusione del suo sfogo su Instagram, Chiara Tramontano si è scagliata direttamente contro Impagnatiello: "Smettetela di portare gli assassini ai banchi. Sono assassini. Vanno in cella. Nessuno li vuole liberi, inquinano".
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