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Quel legittimo desiderio di sopravvivenza in casa. Realtà, non percezione
Ieri 08-11-25, 10:47
Nel paese degli avvocati prezzemolini, delle sentenze stropicciate, degli innocenti sbattuti in galera senza una prova, e dei rei confessi che non pagano dazio davanti al tribunale degli umani figurarsi quello divino, sentire che un poveretto ha sparato al ladro che gli è entrato in casa e ha avuto giustizia seduta stante dalla pm ragionevole in nome del diritto alla legittima difesa, è decisione che assai conforta. Segno che molto è perduto ma non tutto, e c'è ancora uno sprazzo di buonsenso cui fare appello. La storia la conoscete. Ha i contorni del romanzo criminale e ricalca molti assalti in villa avvenuti di recente specie nel nord est ma anche nei villini appena fuori Roma. Un sessantottenne solo in casa in un paesino della provincia di Rovigo. La villetta immersa nel silenzio della campagna veneta. Un'ombra, ma non è sola, che si allunga nel prato. Porta il passamontagna, si intrufola dalla porta, scatta l'allarme ma se ne frega e striscia in salotto. Ha due cacciaviti nella mano per fare razzia di gioielli e cavare un po' di pelle al proprietario. Cosa dovrebbe fare il poveretto? Offrirgli un caffè e una partita a ramino? Ha buon cuore e trema come un matto ma mantiene la calma per sé e per i suoi cari. Insiste, «vattene o sparo», il balordo non se ne va e affronta il pensionato perbene con quell'arnese da elettricista che è pronto a bucarlo... e allora pum!, parte il colpo. Di striscio. Una ferita lieve e superficiale stando alle tracce di sangue rinvenute dagli inquirenti sul pavimento di casa, ma basta e avanza per far fuggire i criminali. In un'altra epoca, il brav'uomo sarebbe finito negli ingranaggi di una giustizia imperscrutabile: indagato per aver sparato al furfante; colpevole per non aver resistito a quell'istinto primordiale di salvare la pelle; e infine, sono sicuro, sbattuto in prima pagina con dovizia di dettagli sul suo passato immacolato e quel guizzo di ribellione sbocciato all'improvviso in una notte di terrore davanti a quattro furfanti della peggiore feccia. Invece, grazie alla legge 2019 voluta da Salvini per definire la non imputabilità della persona che reagisce a un'aggressione nella propria abitazione se la difesa è proporzionata al pericolo percepito, oserei dire che il nostro rodigino se l'è cavata alla grande. In una nota il pm ha chiarito che ha tenuto un comportamento da manuale: ha ferito l'aggressore mirando a parti non vitali e ha usato un'arma regolarmente denunciata dopo aver avvertito il ladro di esserne in possesso. Quel coraggioso signore ha tutta la mia comprensione. Ho sempre detto che avrei sparato al ladro che si fosse introdotto in casa mia, meglio un brutto processo che un bel funerale. Difendere la propria casa è un diritto inalienabile e lo si deve fare, avendone la possibilità e con cognizione di causa, con quel che passa il convento: rivoltella o arma bianca. Il problema non è l'arma che si detiene ma chi la brandisce. Se il ladro cade sul campo, i suoi colleghi gli tributeranno un omaggio alla memoria, la gente perbene per favore non caschi nella retorica del compianto per la sua disgraziata sorte. Non è un eroe caduto sul lavoro: è un criminale di meno che paga la sua vigliaccheria. Chi penetra in un domicilio abitato da una famiglia che ha già i suoi guai, è come se la stuprasse. Quando sono stato, qualche tempo fa, oggetto di cattive intenzioni sull'uscio di casa mia a Milano, ho adoperato il pugno, non avendo altro attrezzo. Ma è diventato micidiale davanti alla minaccia incombente di quell'energumeno che brandiva uno spray al peperoncino e mi avrebbe volentieri spianato per rovistarmi nelle tasche e sfilarmi l'incasso. L'ho steso e non me ne pento. Non so sinceramente cosa avrei fatto se il cretino si fosse introdotto in casa mia e avesse messo in pericolo mia moglie Enoe. Credo che l'avrei strozzato con le mie stesse mani. La paura serpeggia ovunque, ma non è proprio il caso di accettare questo stato di cose senza reagire. Viviamo su un crinale pericoloso in cui nulla è più come prima e occorre guardarsi alle spalle. Non conosco l'andazzo di Roma, anche se le cronache che mi arrivano sono tremende. Ma so che nella Milano classista che luccica di grattacieli, lusso sfrenato e un certo snobismo di sinistra incline a un'immigrazione incontrollata e a un ipocrita terzomondismo, non c'è quartiere dove avventurarsi sereni. I vecchi sono spariti dalle strade o hanno rinunciato ad uscire. I giovani troppo spesso girano con il coltello, qualcuno in buona fede per difendersi dalle bande dei maranza di seconda generazione, altri per cercare a loro volta qualche pollo da spennare. Le case si sono trasformate inutilmente in fortini: i furti in abitazione aumentano a dismisura come i bitorzoli ruvidi delle patate appassite. Nove milioni di persone ne hanno subito almeno uno nella vita e nel 2024 in Italia ne sono stati denunciati oltre 155mila. Non è il brigantaggio di epoca antica e di certe zone agricole del meridione afflitte dalla miseria e dall'arretratezza. Ma un fenomeno subdolo e trasversale, senza radici e motivazione alcuna se non la sete di violenza efferata e forse una certa invidia sociale. A Scalea due giorni fa una anziana coppia è stata lo zimbello inerme di un gruppo di criminali romeni. Costoro prima hanno rapinato marito e moglie in casa, poi hanno violentato la donna. E leggo di una banda di catanesi che per colpire villette e proprietà altrui usava metodi da assalto militare ma prima chiedeva la benedizione — pardon, il rituale esoterico — a un santone senegalese specializzato nell'invocare benevolenza e ricchezza per i criminali al suo seguito. In sintesi. La sicurezza prima di tutto: è un tema esistenziale e politico. E se non la offre lo Stato, ci pensa il cittadino, perché dare la guancia l'abbiamo già fatto, la seconda meglio preservarla. Non dico balle: già 5 milioni di italiani hanno un'arma in casa e il 52,2 per cento pensa che dovrebbe essere consentito sparare al mascalzone che viola la sua dimora per rubare. Non è percezione. O funambolico disegno di militarizzazione di una destra coatta e armaiola. È legittima difesa, o meglio legittimo desiderio di sopravvivenza.
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