s
Ranucci senza giacca alla Camera. Gliela offrono ma lui rifiuta
Oggi 29-10-25, 09:13
L'abito non farà il monaco, ma il guru sicuramente sì. Il conduttore di Report Sigfrido Ranucci è in trance agonistica, acclamato come «eroe nazionale», (citazione della giornalista Rula Jebreal) gira per iniziative, assemblee, manifestazioni a portare il suo verbo. E così accade che l'altro ieri sia stato invitato alla Camera dei deputati in qualità di relatore proprio alla presentazione del libro di Jebreal sul Medio Oriente. L'evento si è tenuto nella Sala della Lupa. Un appuntamento come tanti altri simili, tra convegni, lanci di volumi in uscita, conferenze stampa, seminari si svolgono nelle auguste stanze di Montecitorio. Soltanto che, ohibò, a riguardare le immagini della presenza di Ranucci si nota un particolare. Sopra la camicia indossa un giubbottino di pelle, e non la giacca come sarebbe d'uopo per luogo, prassi e regole. Sì, infatti la regola in base a cui chi accede nelle sale di Montecitorio sia tenuto a indossare una giacca è contenuta in una delibera dei questori ormai piuttosto datata, risalente agli anni '80. Di fatto non è rigidissima, spesso per buonsenso e pragmatismo i commessi lasciano entrare chi, pur non indossando questo particolare indumento, è comunque vestito in modo decoroso. Diciamo che il personale di Montecitorio prova in tutti i modi a venire incontro ai visitatori che, per disattenzione o mancanza di conoscenza delle regole, dimenticano di rispettare la regola dell'abbigliamento. Chi frequenta la Camera sa bene che, per esempio, viene offerta la possibilità di indossare una delle giacche in dotazione ai vari ingressi proprio per questo scopo. Secondo alcune fonti parlamentari, pare che questa possibilità sia stata offerta anche a Ranucci, che però avrebbe cortesemente declinato. Chissà, forse perché non sono abbastanza iconiche. E dunque giubbotto sia, nel buonsenso di non privare la presentazione di un libro di un suo autorevole relatore. Solo che, ieri, i rumors tra forze politiche correvano, nel fisiologico cicaleccio politico in cui anche l'aspetto di colore assume un minimo peso. E il pensiero va subito al 2011, quando alla Camera arrivò il compianto Sergio Marchionne, allora amministratore delegato Fiat. Doveva essere audito dalle Commissioni Trasporti e Attività Produttive, a proposito del piano industriale dell'azienda. Anche lui aveva conquistato l'immaginario collettivo con un indumento, il maglione blu di cachemire con cui aveva anche partecipato a un tavolo di confronto a Palazzo Chigi. Eppure, per accedere alla Camera vi rinunciò, indossando giacca e cravatta. Con profonda osservanza del luogo, andò persino oltre "il dress code", visto che la cravatta non è obbligatoria (lo è invece al Senato). Ranucci in giubbotto a Montecitorio è una vicenda assolutamente secondaria rispetto ai patimenti nostrani, però dà il senso di un rispetto delle istituzioni che quanti sono molto solerti nel guardare con scrupolo a ogni atteggiamento degli altri dovrebbe almeno un minimo osservare. Comunque, ormai il suo tour è sempre più fitto. Lo abbiamo visto intervenire all'assemblea dell'Associazione Nazionale Magistrati. Poi ha preso parte in video collegamento alla manifestazione della Cgil di sabato scorso, in Piazza San Giovanni a Roma. Per poi virare l'altro giorno alla presentazione del volume di Jebreal. Dove ha espresso in pratica una tesi non proprio convincente, ovvero che la solidarietà espressa dopo l'ignobile attentato di cui è stato bersaglio deve necessariamente implicare l'incontestabilità dei servizi che vengono trasmessi nella sua trasmissione. Se uno lo critica, allora la solidarietà è ipocrita. Un concetto un po' naif della libertà di stampa. Intanto, oggi all'Ufficio di Presidenza della Commissione di Vigilanza Rai verrà avanzata dalla sinistra la richiesta di audire il conduttore di Report, a seguito dell'attentato di dieci giorni fa. In giubbotto, c'è da prevedere.
CONTINUA A LEGGERE
3
0
0
Il Tempo
11:49
