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Si tappano le orecchie per non sentire la preghiera. Il caso dei bambini musulmani
Oggi 08-10-25, 17:50
Abbiamo letteralmente superato ogni limite per colpa dell'indottrinamento islamico: bambini che si tappano le orecchie al solo sentire la preghiera e la benedizione di un parroco. Il tutto è avvenuto a Cerea, in provincia di Verona. Si tratta di quattro bambini stranieri che, rispondendo alla domanda della preside che chiedeva loro il motivo per cui avessero compiuto quel gesto, hanno detto testualmente che, secondo la loro fede religiosa, ascoltare la benedizione del prete cattolico andrebbe contro principi del loro Dio. Bambini già indottrinati. Bambini in cui il futuro è già segnato e, come questo episodio dimostra, non va certo verso il dialogo interreligioso o l'integrazione, bensì verso una preclusione a priori verso i valori dell'Occidente. Un fatto commentato dall'europarlamentare della Lega Anna Maria Cisint: “Se qualcuno non sopporta le nostre tradizioni e la nostra cultura fortemente ancorata a radici cristiane, allora è meglio che torni a casa sua. Quanto accaduto a Cerea è la dimostrazione evidente di come anche le giovani generazioni di musulmani crescano in Italia disprezzando il nostro Paese e le nostre usanze. Non è forse un caso che questo episodio accada proprio in provincia di Verona, dove, come evidenziato da un report dell'intelligence francese, risulta attiva la più importante scuola di formazione per imam d'Europa”. A parlarne è anche Paolo Borchia, il Segretario provinciale della Lega di Verona e capodelegazione al Parlamento europeo: “È stata una provocazione inutile e il fatto che a compierla siano stati quattro ragazzi di 13 anni non attenua la gravità di un problema ancora troppo sottovalutato: la mancanza delle condizioni base per un dialogo tra pari. Non esiste integrazione se non vi è rispetto degli aspetti socio - culturali del Paese ospitante. Questo gesto, commesso da giovani probabilmente nati in Italia e comunque qui cresciuti e istruiti, è sintomatico della volontà, intrinseca nella famiglia, di non desiderare una reale integrazione”.
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