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Strage di Bologna, la lettera a La Russa: "Occorre riflettere su scenari diversi"
Oggi 02-08-25, 13:44
La quaranticinquesima ricorrenza della strage di Bologna segnala conclusione di un'interminabile vicenda giudiziaria. Lo scorso primo luglio la Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo a Paolo Bellini, ritenuto responsabile dell'attentato in concorso con gli ex esponenti del gruppo terroristico dei Nar giudicati in precedenza. La verità attestata nei tribunali però continua a non convincere una parte dell'opinione pubblica. Quello a Bellini infatti non è stato un vero processo ai mandanti. Questi ultimi infatti erano tutti morti già da tempo e non hanno potuto esercitare alcun diritto di difesa. Lo stesso movente della strage è rimasto oscuro, per ammissione degli stessi giudici. L'eccidio è stato però inserito in una più ampia strategia del terrore, di matrice pidduista e con la partecipazione di esponenti missini, che avrebbe mirato a colpire il Pci e l'ordinamento democratico per instaurare in Italia un regime autoritario. Proprio i forti dubbi nutriti sulla cornice storico-politica offerta dalle sentenze hanno indotto alcuni esperti a diffondere una lettera aperta al Presidente del Senato Ignazio La Russa. I giornalisti Gian Paolo Pelizzaro e Gabriele Paradisi, insieme agli avvocati Valter Biscotti e Valerio Cutonilli, hanno rinnovato le loro perplessità nei riguardi della ricostruzione giudiziaria, a loro avviso evanescente, che in assenza delle dovute confutazioni rischia d'intossicare anche l'odierna dialettica politica. I quattro hanno precisato di non occuparsi di politica e di non voler offrire pretesti a chi vuole innescare polemiche strumentali nei confronti delle forze di governo. Ritengono però che, con il dovuto rispetto e nella consapevolezza che le sentenze definitive debbano essere sempre portate a esecuzione, sia legittimo esercitare i diritti sanciti dall'art. 21 della Costituzione e criticare le motivazioni poste dai giudici a fondamento della loro decisione. Nel caso della strage di Bologna, osservano, non è possibile per gli esponenti di Fratelli d'Italia dichiarare pubblicamente la condivisione di dette motivazioni attribuendo quindi a esponenti missini un ruolo cruciale nei progetti stragisti- e al contempo conservare nel logo del proprio partito la fiamma tricolore che del Msi fu sin dalla costituzione il simbolo. Gli autori della lettera aperta invitano a riflettere sulla totale inattendibilità del testimone che sorregge l'intero impianto accusatorio, un malavitoso chiamato Massimo Sparti che nel 1982 ottenne la scarcerazione grazie a un tumore rivelatosi inesistente. Invitano quindi a riflettere su uno scenario più scomodo e che fu scoperto ai tempi della commissione Mitrokhin: «Nella relazione finale presentata dai membri del centro-destra veniva dato atto delle acquisizioni occorse durante i lavori che portavano a collocare l'attentato in un inconfessabile scenario di crisi internazionale - che aveva portato a emersione le pericolose contraddizioni di quella "diplomazia" coltivata all'epoca dai governi italiani parallelamente a quella ufficiale (il cosiddetto Lodo Moro) – e a individuare le responsabilità materiali nell'organizzazione eversiva guidata dal terrorista venezuelano noto con il nome di Carlos». Nella lettera vengono poi richiamate le scoperte effettuate nel 2019 dai periti della Corte d'Assise di Bologna, durante il processo Cavallini (il Dna di una donna mai identificata), che sembrano confermare le rivelazioni del presidente emerito Cossiga che, prima di morire, dichiarò che la valigia esplose nella stazione di Bologna mentre veniva trasportata il reale obiettivo: «Nella perizia esplosivistica... viene spiegato che i resti della donna non identificata sono quelli che in assoluto contengono le maggiori tracce dell'esplosivo militare utilizzato nella strage. Tali residui umani quindi provengono con certezza dalle macerie della stazione di Bologna. Atteso il quantitativo di esplosivo rinvenuto, essi appartenevano a una donna molto vicina alla valigia con l'esplosivo». Pelizzaro, Paradisi, Biscotti e Cutonilli quindi invitano a non fare mistero delle perplessità sulla verità giudiziaria della strage di Bologna, diffuse anche negli ambienti politici, perché la parola fine non è stata ancora scritta.
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