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Sull'accoglienza serve liberarsi dall'ipocrisia
10-04-2025, 20:59
C'è una sinistra che ha trasformato l'immigrazione in un totem ideologico. Per anni ha difeso un modello di accoglienza illimitata (con l'eccezione di Marco Minniti e pochi altri), considerando ogni flusso come fosse un valore in sé, snobbando qualsiasi richiesta di ordine o controllo. Ogni voce critica bollata come disumana. Ogni tentativo di regolamentazione liquidato come razzismo. Poi arrivano le inchieste, le condanne, le sentenze, come nel caso clamoroso di questi giorni. La Corte dei conti della Calabria ha appena certificato un sistema opaco di gestione dei migranti, in cui la Fraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto - insieme ad altri soggetti - ha lucrato sulla pelle dei più fragili. Condannati amministratori, imprenditori, enti. Coinvolta, in via subordinata, anche la Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia, firmataria delle convenzioni con la Prefettura. Una rete di subappalti e responsabilità a cascata che mostra con chiarezza come il business dell'accoglienza abbia superato la soglia del tollerabile. Ed è proprio qui che la sinistra dovrebbe trovare un motivo per indignarsi. Dovrebbe essere in prima fila a chiedere trasparenza, legalità, riforme. E invece no. Silenzio. Imbarazzo. Nessuna autocritica. Nessuna parola sul fatto che quello stesso sistema che ha difeso per anni si è rivelato permeabile a interessi privati, se non peggio. Altro che umanitarismo. La verità è che l'accoglienza, in Italia, è diventata anche - e spesso soprattutto - un affare. Centri gestiti con logiche clientelari, cooperative cresciute all'ombra degli appalti pubblici, soggetti che hanno fatto dei migranti una fonte di guadagno continuo. Tutto questo mentre si continuava a parlare di «inclusione», «emergenza» e «solidarietà». I fatti sono più duri delle parole. E anche l'Europa lo ha capito. Dopo anni di buoni sentimenti e di trattative infinite, Bruxelles inizia a cambiare registro: accordi per i rimpatri, definizione dei Paesi sicuri, filtro alle frontiere esterne. Non si tratta più di respingere o accogliere, ma di governare. Di distinguere tra chi ha diritto e chi no. Di dire che non tutto è accoglienza. Che non tutto è emergenza. L'Italia deve fare lo stesso. Servono regole, numeri chiari, responsabilità. Ma serve soprattutto liberarsi dell'ipocrisia. Perché chi oggi tace di fronte al malaffare che ha devastato il sistema dell'accoglienza è complice due volte: prima per averlo sostenuto, poi per non denunciarlo. E chi davvero vuole difendere i diritti dei migranti dovrebbe essere il primo a pretendere che quei diritti non vengano calpestati dai furbi, dai corrotti, dagli speculatori. Altrimenti si fa solo retorica. E della peggiore.
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