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TerrorIslam a Roma: da Al Qaeda alla Jihad, così si progettano gli attentati nelle moschee abusive
Oggi 01-07-25, 07:38
Dalla cellula di al Qaeda all'estremista che in tv aveva giustificato gli attentati di Parigi. Nel sottobosco delle moschee abusive di Roma, nel corso degli anni, le forze dell'ordine hanno intercettato focolai di radicalismo, predicazioni opache e potenziali minacce alla sicurezza nazionale. Ma se dopo l'11 settembre 2001, data del terribile attentato alle Torri Gemelle di New York, le moschee illegali sono finite nel mirino delle forze dell'ordine, con l'avvento di Isis l'attenzione si è spostata anche sul web. Tuttavia, secondo fonti del Viminale, il monitoraggio di questi luoghi, resta costante ancora oggi anche per questioni legate all'ordine pubblico. Non è solo una questione di permessi edilizi o di norme sanitarie: è una questione di controllo, sicurezza e, in casi estremi, di legalità. Negli ultimi venticinque anni, questi luoghi sono finiti più volte sotto la lente dell'Antiterrorismo. Poche operazioni, mirate, ma rivelatrici. Nel marzo 2002, in un'Italia ancora sotto shock per l'11 settembre, i carabinieri danno il via a una vasta operazione antiterrorismo. In piena notte vengono perquisiti diversi immobili: uno in via Gioberti, nel quartiere Esquilino, l'altro a Centocelle. Entrambi sono luoghi di culto islamico non autorizzati. All'interno del primo immobile vengono rinvenuti materiali di propaganda jihadista: agende, videocassette, documentazione che inneggia alla guerra santa. Le forze dell'ordine arrestano sei persone, accusate di far parte di una cellula legata ad al Qaeda. Nessuna arma, nessun ordigno, ma per gli investigatori i sospetti sono fondati. Un'altra operazione, con caratteristiche diverse ma non meno inquietanti, arriva a novembre 2015. Dopo le stragi di Parigi, la Digos arresta un giovane italo-tunisino che, in una trasmissione televisiva, aveva giustificato gli attentatori e inneggiato alla jihad. Viene individuato a Centocelle, nei pressi di una moschea abusiva. A casa sua, nel quartiere San Basilio, gli agenti trovano droga, bilancini e documenti in lingua araba. Per lui scattano le accuse di propaganda di odio e istigazione al terrorismo. Sullo sfondo resta anche un altro caso eclatante. È il 29 luglio 2005 quando Osman Hussain, noto anche come HamdiAdus Isaac, viene arrestato a Roma. È uno dei responsabili degli attentati falliti a Londra del 21 luglio, appena due settimane dopo la strage della metropolitana. L'operazione, condotta dal Nocs e dalla Digos con la collaborazione di Scotland Yard, avviene in un appartamento di via Ettore Rota, zona Casilino. L'uomo viene fermato per concorso in atti terroristici e possesso di documenti falsi. Nessun luogo di culto è stato coinvolto direttamente, nonostante durante la permanenza dell'arrestato nella Capitale avesse frequentato sale di preghiera presenti nella periferia sud-est. Negli anni successivi, la pressione sui luoghi di culto islamici sembra allentare: le operazioni si fanno più rare, anche se il fenomeno delle moschee abusive non rallenta. Il 3 maggio 2019, a Tor Pignattara, Carabinieri e Polizia Locale mettono i sigilli a un centro culturale islamico in via Gabrio Serbelloni privo di qualsiasi autorizzazione. Gravi le irregolarità riscontrate, sia amministrative che penali. L'edificio viene sequestrato e viene aperta un'inchiesta. Le autorità parlano apertamente di moschea abusiva, nata nel silenzio e cresciuta fuori da ogni controllo. Ancora a Tor Pignattara, il 10 maggio 2022, si ripete lo schema. Stavolta è un'altra moschea a finire nel mirino della Questura: quella di via Capua. L'operazione parte alle prime ore dell'alba, coordinata in Prefettura. Gli agenti del Commissariato Prenestino e il Reparto Mobile identificano cinque persone, compreso l'imam. I locali vengono chiusi e sigillati. Si tratta di uno sgombero eseguito nell'ambito dei controlli su immobili occupati, ma che conferma un trend costante: queste strutture spuntano soprattutto nelle zone periferiche e crescono in assenza di interlocutori istituzionali. In molti casi si tratta di spazi dove ogni imam è padrone assoluto, dove la comunità ruota attorno a figure autoreferenziali, senza alcuna formazione riconosciuta e nessun contatto con il mondo esterno.
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Il Tempo
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