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Trump fa saltare il campo largo italiano. Conte il filo Putin imbarazza Schlein
21-02-2025, 09:39
À la guerre comme à la guerre, basta con inutili mediazioni che riportano al punto di partenza. Così i "droni" 5 Stelle decollano in direzione Nazareno con un'unica missione: stanare la sua "pavida" inquilina, la segretaria barricata sotto le macerie, nella speranza di passare inosservata, anche stavolta. Il comandante di Volturara Appula, l'implacabile, ha studiato una strategia win-win: premere sulla politica internazionale per terremotare l'alleato. Se Elly Schlein si differenzia, sarà la prova definitiva che il "campo largo" è pura archeologia, se la minoranza dem sbatte la porta, lei può restare, ma solo accettando di farsi dettare la linea da Giuseppe Conte. In entrambi i casi, il leader M5S ci guadagna: o si torna al liberi tutti, con il Movimento 5 Stelle che recupera centralità a tutto campo, o Elly diventala gregaria di un partitino di sinistra, lasciandogli il comando dell'opposizione. Per ora la segretaria dem sceglie ancora una volta la sua specialità: il silenzio. Muta mercoledì, quando gli eurodeputati pentastellati hanno dato della fascista a Pina Picierno, bocca cucita anche ieri sulle dichiarazioni praticamente pro-Trump dell'ex presidente del Consiglio: «la propaganda bellicistica dell'Occidente sull'Ucraina» smascherata «con ruvidezza dal Presidente americano». Il mutismo selettivo di Elly Schlein ha un effetto collaterale: fa bollire la minoranza come una pentola a pressione, «dobbiamo mobilitarci». Pina Picierno e Giorgio Gori, infatti, la chiamano pesantemente in causa. «Dunque, dalla parte di Trump e dei nemici della democrazia. C'è un limite a tutto, pure alla pazienza, anche quando è testardamente unitaria», attacca la vicepresidente del Parlamento europeo, colpendo dritto nel cuore la segretaria dem e il suo mantra ripetuto fino allo sfinimento. L'ex sindaco di Bergamo rincara la dose: «Quale politica estera pensiamo di condividere con lui?». Di fronte al "bombardamento" grillino, il Pd reagisce come da tradizione: si accuccia in trincea. Zitti e mosca, forse perché la "discussione libera" è ormai un ricordo lontano, come notava Goffredo Bettini. Già, Bettini, che officiò il matrimonio tra Giuseppe Conte, allora a Palazzo Chigi, e Nicola Zingaretti all'epoca capo del Nazareno ed oggi continua a difendere la sua creatura: «Conte non è la stampella di Vladimir Putin. Ci sono tutte le condizioni per dialogare e lavorare insieme». Un atto di fede, più che un manifesto politico. Intanto Azione imbraccia l'elmetto, e invita il Pd a svegliarsi: «Se il Pd avrà il coraggio di rompere ogni legame con i 5S allora si potranno trovare convergenze, altrimenti costruite pure la coalizione della sinistra per Trump e Putin, insieme ai 5S. Il momento di decidere è arrivato Elly Schlein, non puoi continuare a fingerti morta», tuona Carlo Calenda. Il Nazareno resiste, e pensa ai pochi punti di contatto rimasti con Campo Marzio. Uno di questi è il referendum sul Jobs act, che vedrà dalla stessa parte la segretaria dem (ma non la minoranza) e l'avvocato 5 stelle, anche se sul fronte opposto ci sarà Matteo Renzi, che di quella legge fu l'autore. Poi le note positive si fermano sul prossimo voto campano. In attesa della sentenza della Consulta sul terzo mandato di Vincenzo De Luca, il candidato potrebbe essere il pentastellato Roberto Fico (o Sergio Costa). In Toscana di nuovo guerra: Eugenio Giani in attesa di uno scontato via libera, non riscuote il gradimento dei 5 Stelle, che potrebbero optare per una corsa solitaria. Insomma il momento Gino Bartali: «È tutto sbagliato, è tutto da rifare».
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